Chi volutamente ostacoli il ricorso al rito sommario ex art . 702 bis c.p.c. può essere sanzionato ex art. 96, u.c., c.p.c.


SPESE GIUDIZIALI IN MATERIA CIVILE - Responsabilità aggravata e lite temeraria

thema decidendum PROCEDIMENTO CIVILE - PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE - INDEBITO AMPLIAMENTO DEL da parte del convenuto - Comportamento scorretto - Lite temeraria - Presupposti - Sussistenza.

Chi volutamente ostacoli il ricorso al modulo procedurale previsto dall'art. 702 bis c.p.c., strumentalizzando le proprie richieste istruttorie al fine di frustrarne lo svolgimento tiene una condotta non conforme ai principi del giusto processo, come cristallizzati dall'art. 111 cost., suscettibile di sanzione ex art. 96, u.c., c.p.c.

Tribunale Lamezia Terme, 12/07/2011

Fonte: Resp. civ. e prev. 2011, 12, 2604

 

FATTO E DIRITTO

S.E., premesso che in data 31 maggio 2007 era stato omologato l'accordo di separazione raggiunto con il marito, MV e che in tale accordo il M. si era obbligato a corrisponderle, alla fine di ciascun anno, la metà degli utili derivanti dalla sua quota di partecipazione al "L... & c. s.n.c.", ha chiesto condannarsi il M, rimasto inadempiente a tale obbligo, al versamento della somma complessiva di euro 19.488,87, quale quota degli utili relativi agli anni 2007, 2008 e 2009, oltre ulteriore somma relativa agli utili del 2010 da accertarsi in corso di causa e interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione del diritto fino al soddisfo.

 

Ha resistito M., opponendo, anzitutto, in compensazione all'attrice le spese sostenute per il pagamento delle utenze della casa coniugale e di alcuni lavori di ristrutturazione intrapresi sul fabbricato, nonché le maggiori somme - rispetto a quanto previsto in sede di omologa - corrisposte alla S. quale contributo al mantenimento dei figli ss e ff, la seconda ancora minorenne, il primo maggiorenne ma non economicamente autosufficiente.

 

Il medesimo M. ha chiesto, inoltre, in via riconvenzionale, la condanna della S. al pagamento della somma di euro 225.000,00, pari alla metà del valore della casa coniugale, da considerarsi di proprietà comune dei coniugi stante il regime di comunione legale esistente tra gli stessi.

 

Sulla base delle domande ed eccezioni svolte, il M. ha chiesto disporsi il mutamento del rito, da quello sommario ex artt. 702 bis e ss. c.p.c. a quello ordinario, articolando una serie di richieste istruttorie non compatibili con il predetto modulo procedurale.

 

Ritiene questo giudice che la causa possa essere definita allo stato degli atti.

 

Come, infatti, condivisibilmente chiarito dalla giurisprudenza più recente (cfr. Trib. Varese, 18 novembre 2009; Trib. Mondovì 12 novembre 2009; Trib. Piacenza 27 maggio 2011 e anche pronunce di questo Tribunale) il rito sommario di cognizione introdotto dalla legge 69/2009 è rito a cognizione piena, caratterizzato dalla sommarietà solo per quanto riguarda l'espletamento dell'istruttoria. Ne consegue che potranno essere trattate con tale schema processuale non soltanto le cause ab origine di carattere documentale o destinate ad essere definite all'esito di una rapida istruttoria già sulla base delle allegazioni e delle richieste delle parti, ma anche le cause che, in concreto, si presentino suscettibili di definizione immediata, per l'inammissibilità o irrilevanza delle prove articolate dalle parti, essendo, altrimenti, agevole per la parte che abbia interesse ad un allungamento dei tempi del giudizio frustrare la maggiore celerità propria del nuovo rito mediante la prospettazione di un'istruttoria lunga e complessa, da evincersi dalla mera indicazione di una molteplicità di richieste di prova.

 

Nel caso di specie, a fronte di una domanda introduttiva suscettibile di immediata delibazione (specie alla luce delle precisazioni rese all'udienza dell'8 luglio 2011, in cui l'attrice ha dichiarato di limitare la propria pretesa agli anni 2007-2009, proprio al fine di avere una decisione immediata, anche alla luce delle sue precarie condizioni di salute), il M. ha pesantemente ampliato il thema decidendum, avanzato sia pretese di compensazione rispetto alle somme richieste dalla S sia una domanda riconvenzionale per la corresponsione del 50% del valore della casa coniugale e articolando, per ciascuna di tale pretese, una serie di richieste istruttorie sulla base delle quali ha domandato il mutamento del rito in ordinario, con la fissazione dell'udienza ex art. 183 c.p.c.

 

Le domande ed eccezioni del resistente si presentano, tuttavia, suscettibili di essere rigettate sulla base di argomentazioni di stretto diritto, che come tale prescindono dalle prove articolate dalla parte.

 

Anzitutto, infatti, l'impegno assunto dal M. in sede di separazione, circa la corresponsione alla S della metà degli utili derivanti dalla sua partecipazione al "L.. & c. s.n.c.", è evidentemente avvenuto a titolo di mantenimento della stessa, nell'ambito della regolamentazione dei rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione personale tra i coniugi e in luogo del versamento dell'assegno mensile di cui all'art. 156 c.c. al coniuge "debole": si tratta, pertanto, di credito di natura alimentare, impignorabile (art. 545 c.p.c.) e come tale insuscettibile di compensazione ex art. 1246 n. 3 c.c.

 

Analogamente, risulta documentato (e noto al M., che allega la relativa circostanza) che la casa coniugale fosse di proprietà esclusiva della S., per essere pervenuta a quest'ultima in forza di donazione fatta dal padre in data 21 settembre 2004: trattasi di bene, pertanto, insuscettibile di entrare nella comunione legale, ai sensi dell'art. 179, lettera b), c.c., non essendo rinvenibile nel contratto di donazione alcuna attribuzione al patrimonio comune dei coniugi.

 

Così paralizzata la difesa del M., nessun ostacolo si pone all'accoglimento della domanda dell'attrice, almeno nei limiti della domanda subordinata formalizzata all'udienza dell'8 luglio 2011.

 

Chi agisce per l'adempimento, infatti, deve provare la fonte (legale o negoziale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre è il debitore ad essere gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento o, comunque, di un'altra fattispecie idonea a provare tale effetto (così Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001 n. 13533).

 

La S. ha dato piena prova del titolo della sua pretesa, consacrata nell'accordo di separazione omologato da questo Tribunale in data 31 maggio 2007 e per la quantificazione della sua pretesa ha versato in atti copie delle dichiarazioni dei redditi del M., da cui risultano gli utili netti, per gli anni 2007, 2008 e 2009, la cui parte spettante all'odierna attrice è determinabile mediante la divisione per metà delle relative voci (con l'ulteriore decurtazione per l'anno 2007, di cui devono prendersi in considerazione solo i mesi successivi all'omologa della separazione).

 

Nessuna prova dell'adempimento, invece, ha fornito il M., se non attraverso un'inammissibile eccezione di compensazione.

 

M. va, pertanto, condannato al versamento, in favore di S.E., della complessiva somma di euro 19.488,87, oltre interessi dalla data di messa in mora (19 ottobre 2010) fino al soddisfo.

 

Nessuna somma spetta, invece, all'attrice a titolo di rivalutazione monetaria, trattandosi di credito di valuta e non di valore.

 

Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 702 ter c.p.c. anche nel rito sommario il giudice provvede sulle spese del procedimento ai sensi degli artt. 91 e ss. c.p.c.. Le spese di lite seguono, quindi, la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

Il convenuto va, inoltre, condannato al pagamento di un'ulteriore somma in favore della controparte ai sensi dell'art. 96, u.c., c.p.c., ratione temporis applicabile alla presente controversia.

 

La norma in esame, infatti, secondo l'impostazione fatta propria dalla giurisprudenza di merito dominante (Trib. Varese, 30 ottobre 2009 e 21 gennaio 2011; Trib. Piacenza, 22 novembre 2010 e 7 dicembre 2010; Trib. Verona, 20 settembre 2010 e 9 dicembre 2010; Trib. Prato 6 novembre 2009; Trib. Milano 29 agosto 2009; in seno alla giurisprudenza di legittimità si veda anche, in parte motiva, Cass. pen., 11 febbraio 2011, n. 5300), pienamente condividibile in quanto coerente con la lettera della norma e con l'interpretazione sistematica dei diversi commi dell'art. 96 c.p.c., non ha natura meramente risarcitoria, bensì sanzionatoria, avendo essa introdotto nell'ordinamento una forma di "danno punitivo" diretto a scoraggiare l'abuso del processo e degli strumenti forniti dalla legge alle parti (in questi termini, Trib. Catanzaro, 18 febbraio 2011; Trib. Prato 6 novembre 2009, Trib. Milano 29 agosto 2009). Essa, quindi, mira a colpire le condotte contrarie al principio di lealtà processuale (art. 88 c.p.c.) nonché quelle suscettibili di ledere il principio di rilevanza costituzionale della ragionevole durata del giudizio e proprio in forza degli interessi pubblicistici che mira a realizzare è attivabile d'ufficio, senza la richiesta della parte e senza che quest'ultima dimostri di aver subito un danno alla propria persona o al proprio patrimonio in conseguenza del processo (come è invece nella fattispecie di cui al primo comma dell'art. 96 c.p.c.).

 

Nella vicenda in esame il M., con la propria condotta processuale, ha certamente violato i canoni di lealtà e correttezza cui deve essere, in ogni caso improntata la condotta delle parti in causa, in quanto ha ostacolato la trattazione con rito sommario del giudizio introducendo domande giuridicamente (e non in fatto) prive di fondamento, all'evidente fine di sottrarsi alla possibilità di una celere definizione del procedimento, che appariva, invece, opportuna anche alla luce delle gravi condizioni di salute della moglie, la quale peraltro, pur di accelerare i tempi di definizione del giudizio, ha anche rinunciato ad una parte della propria pretesa creditoria, che avrebbe richiesto indagini istruttorie certamente destinate ad incidere sulla durata del giudizio.

 

D'altra parte, lo stesso ordinamento mira ad incentivare il ricorso allo strumento del rito sommario (come dimostra, ad esempio, la dimidiazione del contributo unificato in favore di chi sceglie tale modulo procedurale), ritenendo lo stesso idoneo ad alleviare i noti problemi di durata del processo civile: è da ritenere, quindi, che chi volutamente ostacoli il ricorso a tale modulo procedurale, strumentalizzando le proprie richieste istruttorie al fine di frustrarne lo svolgimento - come palesemente avvenuto nel caso di specie - tenga una condotta non conforme ai principi del giusto processo, come cristallizzati dall'art. 111 Cost, suscettibile di sanzione ex art. 96, u.c., c.p.c.

 

Quanto alla quantificazione della somma dovuta dal convenuto, tenuto conto del valore della causa, del patrimonio della parte obbligata e delle circostanze del caso concreto, il M. può essere condannato al versamento della somma di euro 1.000,00, liquidata all'attualità, oltre ulteriori interessi legali dalla data di deposito della presente ordinanza fino al soddisfo.

 

PQM

P.Q.M.

Il Tribunale di Lamezia Terme, nella persona del giudice monocratico dott.ssa Giusi Ianni, definitivamente decidendo sul ricorso ex art. 702 bis c.p.c. proposto in data 18 gennaio 2011 da S.E. nei confronti di M.V., disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:

 

1. Accoglie la domanda dell'attrice e, per l'effetto, condanna il convenuto al versamento, in favore di S, per le causali di cui in motivazione, della somma di euro 19.488,87, oltre interessi legali dalla data di messa in mora fino al soddisfo;

 

2. Rigetta le eccezioni e domande riconvenzionali del convenuto;

 

3. Condanna il convenuto alla rifusione, in favore dell'attrice, delle spese e competenze del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 2.210,10, di cui euro 318,10 per anticipazioni non imponibili, euro 792,00 per diritti ed euro 1.100,00 per onorari, oltre rimborso forf. spese generali, IVA e CPA come per legge;

 

4. Condanna, altresì, il convenuto, ex art. 96, u.c., c.p.c., al pagamento, in favore della controparte, della somma equitativamente determinata di euro 1.000,00, oltre interessi dalla data di deposito della presente ordinanza fino al soddisfo;

 

5. Manda alla cancelleria per la comunicazione alle parti della presente ordinanza e per gli ulteriori adempimenti di competenza.

 

Lamezia Terme, 12 luglio 2011.