Diritto di prelazione del proprietario confinante: requisiti e recenti chiarimenti giurisprudenziali

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Il diritto di prelazione del proprietario confinante è un istituto regolato dalla Legge n. 817/1971 e dalla Legge n. 590/1965, il quale mira a favorire la creazione di imprese agricole moderne ed efficienti attraverso l'accorpamento dei terreni.

In un'ordinanza recente della Suprema Corte (Cass., Sez. VI, Ord., 04/08/2021, n. 22226 in calce) sono stati affrontati due aspetti particolari della prelazione del confinante.

 

Quali sono i requisiti per la prelazione del proprietario confinante?

La prelazione del confinante richiede il soddisfacimento di vari requisiti soggettivi ed oggettivi.

  • Il proprietario confinante deve essere un coltivatore diretto e deve coltivare il proprio fondo da almeno due anni, indipendentemente dal titolo di possesso (proprietà, affitto, comodato, ecc.).
  • Inoltre, nel biennio precedente all'esercizio del diritto di prelazione, il proprietario non deve aver venduto fondi rustici con un valore imponibile superiore a 1.000 lire.
  • Deve inoltre impiegare almeno un terzo della forza lavoro necessaria per la coltivazione dei fondi a sua disposizione, compreso quello oggetto della prelazione.
  • Il terreno confinante deve avere una destinazione agricola effettiva e essere coltivato dal prelazionante. Tuttavia, alcune categorie di terreni non rientrano in questa categoria, come i terreni a destinazione extragricola, i terreni boschivi o quelli utilizzati per allevamenti intensivi o attività specifiche come l'allevamento di cavalli o l'itticoltura.

 

L'estensione del fondo confinante non è rilevante per l'esercizio del diritto di prelazione, anche se minima. Anche se il terreno è di dimensioni ridotte, il proprietario ha comunque il diritto di prelazione.

 

Il chiarimento della Cassazione sul diritto di prelazione del proprietario confinante

La recente Ordinanza della Suprema Corte (Cass., Sez. VI, Ord., 04/08/2021, n. 22226) ha affrontato due aspetti specifici relativi al diritto di prelazione del proprietario confinante.

  • Il primo aspetto riguarda la possibilità per il nudo proprietario del fondo confinante di esercitare il diritto di prelazione.
  • Il secondo aspetto, derivante dal precedente, riguarda il titolo che legittima la coltivazione diretta del proprio terreno per almeno due anni.

 

La Corte di Cassazione ha chiarito se sia necessario un valido contratto per soddisfare questo requisito specifico o se sia sufficiente che il possesso e la coltivazione del fondo non siano contra ius. Secondo l'ordinanza, non è richiesta una disponibilità "qualificata" del bene, come un contratto di comodato o affitto specifico, ma è sufficiente che il nudo proprietario coltivi il fondo non invito domino, anche per tolleranza dell'usufruttuario.

 

L'ordinanza ha superato un precedente orientamento che richiedeva una coltivazione del fondo derivante da uno dei rapporti agrari previsti dalla legge. Ora la Cassazione ritiene che la disponibilità del bene non debba necessariamente derivare da un rapporto agrario, ma è sufficiente che il possesso e la coltivazione del fondo siano conformi alla legge.

 

È importante notare che il nudo proprietario gode del diritto di prelazione, nonostante il suo diritto di proprietà sia temporaneamente compresso dall'esistenza dell'usufruttuario sullo stesso terreno. Tuttavia, affinché il nudo proprietario possa esercitare il diritto di prelazione, è necessario che coltivi legittimamente e direttamente il fondo per almeno due anni. Questo requisito può essere soddisfatto se l'usufruttuario consente al nudo proprietario di coltivare il fondo.

 

La Cassazione ha chiarito che il titolo legittimo per la coltivazione diretta non richiede un contratto esplicito, come un comodato o un affitto, ma può derivare da una tolleranza dell'usufruttuario che consente al nudo proprietario di coltivare il fondo. Quindi, non è necessaria una forma specifica di contratto, ma è sufficiente che il nudo proprietario coltivi il fondo in accordo con l'usufruttuario.

 

In conclusione, la recente ordinanza della Cassazione ha stabilito che nel caso di esercizio del diritto di prelazione da parte del proprietario confinante, con riferimento alla coltivazione diretta del fondo, non è richiesta una disponibilità qualificata del bene, ma è sufficiente che il possesso e la coltivazione del fondo non siano contra ius. La coltivazione diretta del fondo può essere svolta in base a un titolo legittimo, che può derivare dalla tolleranza dell'usufruttuario verso il nudo proprietario, senza la necessità di uno specifico contratto di comodato o affitto. Questa interpretazione favorisce la possibilità per i proprietari confinanti di esercitare il diritto di prelazione anche se sono presenti usufruttuari sul terreno confinante. Ciò consente al nudo proprietario di mantenere e proteggere i propri interessi sulla proprietà confinante, garantendo il suo diritto di acquisto preferenziale nel caso in cui il confinante intenda vendere il terreno.

 

Tuttavia, è importante sottolineare che le ordinanze e le sentenze della Corte di Cassazione rappresentano interpretazioni specifiche del diritto italiano e possono essere soggette a modifiche nel corso del tempo. Pertanto, è sempre consigliabile consultare un avvocato esperto in diritto agrario per ottenere informazioni aggiornate e consigli specifici in base alle circostanze individuali.

Cassazione civile sez. VI, 04/08/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 04/08/2021), n.22226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE SESTA CIVILE

 

SOTTOSEZIONE 2

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

 

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

 

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

 

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

 

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

 

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

sul ricorso 812-2020 proposto da:

  

C.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO

 

58, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che la rappresenta e

 

difende unitamente agli avvocati AMEDEO DE TOMA, GIOVANNI PAOLO

 

BUSINELLO;

 

– ricorrente –

 

contro

 

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

 

SETTEMBRINI 30, presso lo studio dell’avvocato LORETO ANTONELLO

 

CHIOLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

 

GABRIELE CIANCI;

 

– controricorrente –

   

e contro

 

P.S., P.V., S.S.;

 

– intimate –

 

avverso la sentenza n. 312/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

 

depositata il 20/05/2019;

 

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

 

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

 

GIANNACCARI.


 

Fatto

 RILEVATO

  

che:

 

– il giudizio trae origine dalla domanda di prelazione, proposta innanzi al Tribunale di Udine da P.L., P.S. e P.V. nei confronti di S.S. e C.S.;

 

– gli attori sostenevano di essere coltivatori diretti e proprietari del fondo confinante con quello appartenente a S.S., che lo aveva venduto alla C.; nel dedurre che l’acquirente non era coltivatrice diretta, chiesero di esercitare la prelazione agraria ai sensi della L. n. 817 del 1971, art. 7, e della L. n. 590 del 1965, art. 8;

 

– la sentenza della Corte d’appello, riformando la sentenza di primo grado, rigettò la domanda degli attori per assenza dei requisiti richiesti per esercitare il riscatto, in quanto P.L. e P.S. erano nudi proprietari e P.V. era usufruttuaria;

 

– nell’annullare la sentenza d’appello, questa Corte, con sentenza del 10/11/2016, n. 22887, affermò che l’esercizio del diritto di prelazione agraria potesse essere consentito anche al nudo proprietario del fondo confinante con quello posto in vendita, essendo egli pur sempre titolare di un diritto di proprietà, seppure temporaneamente compresso dall’esistenza dell’altrui diritto reale sul medesimo bene, a condizione che coltivi legittimamente e direttamente il terreno da almeno due anni, in base ad un titolo legittimo; il titolo, secondo la decisione del giudice di legittimità, doveva accertarsi in concreto e poteva sussistere laddove l’usufruttuario avesse consentito la coltivazione del fondo, da valutare in concorso con gli altri requisiti legali richiesti per l’operatività della prelazione e del riscatto;

 

  

– la Corte d’appello di Trieste, in sede di rinvio, con sentenza del 20.5.2019, accertò che P.L. era in possesso dei requisiti per esercitare la prelazione agraria ai sensi della L. n. 817 del 1971, art. 7, e della L. n. 590 del 1965, art. 8, e che aveva validamente esercitato il riscatto agrario; conseguentemente la corte di merito lo dichiarò proprietario del terreno in luogo di C.N.;

 

– la corte distrettuale trasse detto convincimento dall’esito della prova testimoniale, dalla visura camerale attestante lo svolgimento da parte di P.L. dell’attività agricola, dalla sua iscrizione nell’elenco dei nominativi dei coltivatori diretti, dall’iscrizione all’albo degli imprenditori agricoli e dalle dichiarazioni dei redditi;

 

– ha proposto ricorso per cassazione C.N. sulla base di un unico motivo;

 

– ha resistito con controricorso F.L.;

 

– S.S., P.S. e P.V. sono rimasti intimati.

 

Diritto

 

RITENUTO

 

 

 

che:

 

– con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 394 c.p.c. e 112, per avere la corte di merito omesso di pronunciarsi sul titolo legittimo che abilitava il P. a coltivare il fondo oggetto del riscatto;

 

– il motivo è infondato;

 

– questa Corte, con sentenza N. 22887/2016, nell’annullare la sentenza della Corte d’appello N. 480/2013, ha affermato che la funzione pacificamente riconosciuta all’istituto della prelazione agraria è quella di favorire la “creazione di imprese agricole moderne ed efficienti con conseguente incremento della produttività agricola” (Cass. n. 7768 del 2003), e ciò mediante l’accorpamento e l’espansione dei terreni coltivati dalla medesima impresa e l’unificazione nella stessa persona della titolarità dell’impresa agraria e della proprietà del fondo destinato all’attività imprenditoriale (Cass. n. 7185 del 2003; cfr. anche Cass. n. 7635 del 2002 e Cass. n. 10338 del 1991), in coerenza con i principi espressi dagli artt. 44 e 47 Cost.;

 

– tale favor giustifica le limitazioni determinate dal diritto di prelazione che, senza sacrificare la possibilità di circolazione dei beni e senza pregiudicare il diritto dell’alienante a percepire il corrispettivo di mercato del fondo, riducono la facoltà di scelta dell’acquirente, in favore dei soggetti che già sono insediati nel fondo (nei casi previsti dalla L. n. 590 del 1965, art. 8), o che abbiano la concreta possibilità di espandere in essi l’impresa già esercitata sui fondi confinanti (nel caso previsto dalla L. n. 817 del 1971, art. 7, comma 2, n. 2);

 

 

 

– tale ratio è anche alla base del ruolo decisivo che, nella disciplina dell’istituto, riveste il requisito della coltivazione diretta del fondo da parte di chi esercita la prelazione;

 

– al riguardo, i più recenti arresti di legittimità (cfr. Cass. n. 2092/2013) hanno peraltro precisato che, ai fini dell’esercizio della prelazione del confinante, non è richiesta una disponibilità del bene qualificata (“vestita”) dalla preesistenza di un rapporto agrario, essendo sufficiente che il possesso e la coltivazione del fondo non siano contra ius (in tal modo superando l’orientamento -cfr., per tutte, Cass. n. 4105/1990 – che richiedeva, ai fini della prelazione di cui alla L. n. 817 del 1971, art. 7, che la durata biennale della coltivazione del fondo fosse originata da uno dei rapporti agrari previsti dalla L. n. 590 del 1965, art. 8);

 

– il giudice del rinvio era quindi tenuto ad accertare in concreto, quanto ai nudi proprietari, se sussisteva o meno per essi il requisito della coltivazione diretta del fondo svolta in base ad un titolo legittimo, requisito che, secondo il giudice di legittimità, “può sussistere laddove l’usufruttuario abbia consentito la coltivazione e che ove accertato – costituisce requisito (in concorso con gli altri requisiti legali) per l’operatività della prelazione e l’esercizio del riscatto”;

 

– al giudice del rinvio non era richiesto di verificare l’esistenza di un titolo contrattuale, essendo sufficiente che il nudo proprietario coltivasse il fondo “legittimamente”, il che può intendersi anche in termini del tutto generici, come coltivazione avvenuta non invito domino, cioè per tolleranza, senza necessità di un esplicito contratto di comodato o affitto.

   

– la circostanza che la coltivazione esercitata dal nudo proprietario si basasse su un “titolo legittimo”, per tale intendendosi il fatto che l’usufruttuaria avesse “consentito la coltivazione”, forma oggetto di un accertamento di fatto contenuto della sentenza cassata e mai messo in discussione nel giudizio di rinvio;

 

– la sentenza impugnata ha quindi dato conto del titolo legittimo che, unitamente ad altri elementi, dettagliatamente esaminati, ha portato a ritenere che P.L. avesse i requisiti prescritti dalla legge per esercitare il riscatto;

 

– il ricorso va pertanto rigettato;

 

– le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

 

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000,00 oltre Iva e cap come per legge oltre ad Euro 200,00 per esborsi.

 

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Suprema Corte di cassazione, il 20 gennaio 2021.

 

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021