Le cosiddette schermate Pitagora prodotte da Tim
Corte appello sez. III - Roma, 28/12/2021, n. 8526
“alla posizione probatoria della appellante non giovava, e non giova, la produzione delle 'schermate Pitagora' per le stesse esatte ragioni indicate dal primo giudice che le ha valutate irrilevanti, a fini probatori, non tanto per la loro natura, quanto per le modalità della loro acquisizione 'prive di autore e non confermate in sede testimoniale, non sono qualificabili come prove'. Infatti, tali schermate - relative ad un software di gestione interno Telecom Italia - non possedendo le caratteristiche ordinarie della 'prova documentale' intesa in senso tradizionale (cartaceo), risultano rappresentare un semplice riepilogo di dati senza alcuna certezza del loro contenuto e della fonte di provenienza; ben potendo essere adattate, corrette o comunque elaborate senza alcun controllo esterno all'autore (essendo ben noto il fenomeno della 'modificabilità' dei documenti informatici estraibili da software di gestione in uso di operatori singoli o professionali). Non essendo, quindi, un 'documento' non può essere neppure oggetto di disconoscimento, ma di semplice contestazione che onera chi lo produce ad una ulteriore attività dimostrativa/probatoria atta a convalidare quei dati (ad esempio tramite propria perizia giurata e richiesta di consulenza tecnica per confrontare i dati emergenti dalle schermate con i documenti ufficiali della società).”
(...)
"in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza ma non l'inadempienza dell'obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, spettando, invece, al debitore convenuto l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento; il medesimo principio applicabile anche nell'ipotesi d'inesatto adempimento si estende anche alle obbligazioni di risultato"
(...)
"Avendo omissis dimostrato la conclusione del contratto, la data di scadenza dell'obbligazione gravante su Telecom - e quindi fornito la prova del suo diritto al danno da inadempimento - spettava a Telecom Italia dare la prova (diretta e specifica) dell'esatto adempimento alle obbligazioni su di essa contrattualmente gravanti.
Su questo nessun elemento di prova era stato fornito dalla appellante che, va evidenziato, si era limitata a negare genericamente il suo inadempimento attribuendolo a terzi (il precedente gestore telefonico) od a fatto dello stesso cliente (per non avere risposto alla chiamate telefoniche inoltrate da Telecom).
La prova che doveva fornire la appellante, invero, era solo quella dell'avvenuto adempimento tempestivo ed esatto a quanto contrattualmente si era obbligata a fornite alla cliente (che a sua volta si era obbligata a corrispondere il relativo costo di utenza telefonica e dei servizi internet/ADSL); o, quanto meno, la prova che l'inadempimento era dipeso da fatti e circostanze oggettive (dimostrate) a sé non imputabili.
Nonostante gli sforzi della appellante nessun di tali elementi probatori risultava fornito al giudizio il che lasciava indimostrato l'avvenuto esatto adempimento di Telecom, che era l'unica via per essere esonerata da responsabilità contrattuale verso la cliente."
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La vicenda sostanziale e l'antefatto processuale veniva così riportato dalla sentenza qui appellata:
<<Con atto di citazione notificato il 31.7/5.8.2013 l'avvocato Ma. Mo. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma la Telecom Italia SPA, esponendo che era titolare di studio legale in Roma, via Giuseppe Galati n. 16; che il 18.2.2011, contattata da un promotore Telecom, che conosciute le sue esigenze professionali le aveva descritto i servizi offerti dalla società telefonica, aveva sottoscritto il contratto Telecom Impresa Semplice, che comprendeva le linee telefoniche fisse --omissis-- e --omissis--, le linee telefoniche mobili --omissis--, --omissis--, --omissis-- e --omissis--, oltre al collegamento con linea ADSL e internet; che per effetto del contratto la convenuta doveva provvedere alla cessazione del contratto telefonico in essere col precedente gestore, al rientro di Mo. Ma. in Telecom ed all'attivazione dei servizi previsti in contratto, ma si era resa inadempiente dal 18.2.2011 al 17.6.2013; che l'utenza fissa n. --omissis--, che era stata disattivata il 24.3.2011 dal precedente operatore, fino al 30.4.2011 aveva consentito solo di ricevere chiamate in entrata da clienti Telecom e di effettuare chiamate in uscita verso clienti Telecom, e solo il 2.5.2011 era stata ripristinata nella sua normale funzionalità verso gli utenti di altri operatori telefonici; che l'utenza fissa n. --omissis--, che era stata disattivata il 24.3.2011 dal precedente operatore il 24.3.2011, era stata solo per le telefonate in entrata da operatore Telecom e non aveva consentito di fare e ricevere telefonate per clienti di altri operatori ed era stata ripristinata nella sua normale funzionalità solo il 26.11.2011; che le utenze mobili n. --omissis--, n. --omissis-- (in uso privato) e n. --omissis-- (uso personale dell'attrice) erano state attivate e consentivano le telefonate solo da ottobre 2011, dopo che a seguito di numerosi solleciti telefonici e scritti si era recata presso il suo studio un funzionario Telecom, Pe. Na., e fino a quel momento aveva subito l'addebito dei costi delle utenze mobili sia da Telecom che dal precedente operatore, pur non potendo usufruire del servizio da alcuno degli operatori; che di fronte a tali disservizi, aveva dapprima contattato tramite la sua segretaria, Gr. Am., il Servizio Clienti Telecom 191, ricevendo rassicurazioni dagli operatori su un pronto intervento di risoluzione dei problemi e lo stesso Servizio le aveva chiesto più volte di inviarle copia del contratto stipulato il 18.2.2011, come aveva fatto nell'immediatezza e poi anche a mezzo fax; che benché fosse contrattualmente previsto il servizio di assistenza gratuita entro un giorno lavorativo (art. 7 delle condizioni generali) dalla segnalazione, nessun accesso vi era stato da parte degli operatori tecnici Telecom; che la segnalazione era stata reiterata al 191 quasi giornalmente, ricevendo conferme di pronto intervento, poi non avvenuto; che solo dopo quasi due mesi dalla firma del contratto, il 31.3.2011, la convenuta aveva dato riscontro delle sue numerose segnalazioni, deducendo l'impossibilità di contattarla telefonicamente e suscitando le sue proteste immediate, posto che almeno una delle sue utenze, quella n. --omissis--, aveva ricevuto un sms di Telecom di conferma della ricezione dei reclami; che il 20.4.2011 aveva proposto reclamo agli uffici competenti della Telecom ed alla AGCOM; che la convenuta aveva replicato il 14.6.2011 che non era stato possibile contattarla; che il 23.6.2011 aveva reiterato il reclamo, contestando le affermazioni di Telecom, lamentandone il grave inadempimento e chiedendo il risarcimento dei danni; che il 4.7.2011 la convenuta aveva risposto che il suo mancato intervento era dovuto all'impossibilità di contattare lo studio legale; che il 4.8.2011 aveva proposto un ulteriore reclamo senza ricevere alcun riscontro e l'8.11.2011 aveva avviato la procedura conciliativa prevista dalla normativa vigente presso il CORECOM, che l'11.1.2012 presso 1a sede CORECOM del Lazio in Roma si era svolto con esito negativo il tentativo di conciliazione; che il gravissimo inadempimento della convenuta aveva determinato la perdita dei due maggiori clienti dell'avv. Ma. Mo., la 024 S.R.L. ed il gruppo societario facente capo a Sa. An., che poiché non riuscivano a contattarla, avevano reputato inadeguato il servizio professionale da lei reso e si erano rivolti ad altri professionisti, revocandole il mandato professionale, con un danno economico pari alla perdita degli onorari professionali derivanti dall'assistenza legale fornita a tali clienti fino a quel momento ed alla perdita di chances per le future consulenze e contenziosi di quei clienti; che l'attrice, infatti, curava un contenzioso annuo del valore di E 350.000,00 per la 024 S.R.L. e di E 200.000,00 per varie società del gruppo di Sa. An. (Il fornaretto a primavera SRL, la An. Forneria SRL, l'Antico Forno SRL, Punto Est SRL) e svolgeva attività di assistenza e consulenza stragiudiziale per questioni di importo non inferiore ad E 120.000,00 annui; che per l'inadempimento della convenuta aveva subito un danno di immagine e professionalità presso la generalità dei suoi clienti, con perdita di credibilità, specie per le separazioni personali ed i divorzi, nei quali c'era necessità di un confronto quasi quotidiano dei clienti col professionista, in quanto i clienti non riuscivano, se non con grandi difficoltà a prendere contatto con lo studio; che sempre a causa dell'inadempimento aveva perso la possibilità di ricevete nuovi incarichi professionali da nuovi clienti, o da soggetti che già erano clienti dello studio; che aveva quindi diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali nella misura di E 250.000,00.
In diritto l'attrice deduceva che per oltre otto mesi si era trovata a causa del grave inadempimento contrattuale di Telecom nell'impossibilità, o comunque nell'estrema difficoltà di avere contatti telefonici con la propria clientela, con negative ricadute di Immagine e patrimoniali, in quanto in una città come Roma, lo strumento del telefono era fondamentale per comunicate coi clienti, fissare appuntamenti, dare e ricevere informazioni sugli sviluppi dei contenziosi, e per i clienti fissi per provvedere tempestivamente ad esigenze di carattere legale; che fin dal 1993 aveva pubblicizzato nelle forme consentite le sue utenze telefoniche fisse e mobili, conservandone anche in occasione degli spostamenti del suo studio; che l'inadempimento aveva provocato un calo del contenzioso gestito dallo studio (civile, penale, tributario, recupero crediti, consulenze e pareri scritti) ed una perdita di nuove opportunità lavorative, intesa come perdita di chance a prescindere dalla concreta utilizzazione che tali chance avrebbero avuto; che secondo la Suprema Corte (Cass. n. 12929/2007) era configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale quando il fatto lesivo incideva su una situazione della persona equivalente a diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, costituito dal danno all'immagine, consistente nella diminuzione della considerazione della persona da parte dei consociati nel normale settore operativo della stessa e nella diminuzione provocata all'agire della persona.
Per tali ragioni l'attrice chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per E 250.000,00, o per altra somma di giustizia, a causa del grave inadempimento contrattuale lamentato.
Si costituiva il 24.12.2013, e quindi tempestivamente, Telecom Italia SPA (d'ora in poi per brevità Telecom), che deduceva che la Mo. aveva espletato la procedura di conciliazione solo per le utenze fisse e non per quelle mobili, mentre le sue domande risarcitorie erano riferite anche a queste ultime, con conseguente improponibilità e/o improcedibilità delle domande di accertamento dell'inadempimento e di risarcimento danni avversarie relative alle utenze mobili per mancato espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione davanti al Co.re.com competente per territorio (o in alternativa davanti alla Camera di Commercio di Roma) previsto dall'art. 1 comma 11 della L. 31.7.1997 n. 249 e dall'art. 2.1 della delibera 173/07/CONS dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), costituente condizione di procedibilità per le controversie tra utenti e gestori di servizi di telefonia (Cass. 30.9.2008 n. 24334); che la linea telefonica fissa --omissis-- era rientrata in Telecom dal precedente gestore BT Italia SPA il 28.3.2011 a fronte dell'ordine di rientro del 14.3.2011 ed il 30.3.2011 era stato attivato il servizio ADSL Internet 7 Mega; che la linea telefonica fissa --omissis-- era in Telecom il 27.10.2011 a fronte dell'ordine di rientro del 15.10.2011 ed in precedenza non aveva inviato a Telecom la documentazione corretta ai fini della migrazione della linea; che se su queste linee fisse si era verificata la temporanea impossibilità di fare e ricevere telefonate solo nei confronti di clienti Telecom, circostanza da dimostrare, il disservizio era imputabile solo al precedente gestore, la BT Italia SPA, che nonostante il rientro delle linee in Telecom, avrebbe erroneamente inserito le utenze in questione tra quelle gestite dalla stessa BT Italia SPA non cancellandole dal suo data base; che sotto il profilo tecnico, quando veniva effettuata una telefonata, se tutte e due le utenze (chiamante e ricevente) appartenevano allo stesso gestore, il segnale arrivava in centrale telefonica e da essa veniva indirizzato al numero di ricezione, ma se l'utenza chiamante e la ricevente erano gestite da operatori diversi, il sistema di gestione delle utenze del gestore della linea chiamante non riconoscendo il numero del ricevente, indirizzava la telefonata al sistema di gestione dell'operatore della linea ricevente, così completando il percorso della telefonata, e tale ultima operazione di passaggio tra sistemi di gestione di diversi operatori non poteva realizzarsi nel caso in cui l'operatore che aveva ceduto (BT Italia SPA) la linea ad altro operatore (Telecom) la manteneva erroneamente nel proprio data base, giacché gli altri operatori (ad esempio Fastweb o Vodafone), quando tentavano di instradare la chiamata inoltrata dai propri clienti verso l'utenza, la cercavano inutilmente nella rete del vecchio operatore (BT Italia SPA), e non in quella del nuovo operatore (Telecom) gestore attuale della linea; che comunque Telecom aveva riscontrato i reclami della Mo., che avrebbe dovuto rivolgere gli stessi alla BT Italia SPA, pur avendo avuto difficoltà a reperire l'attrice, per cui non era imputabile alla convenuta alcun inadempimento contrattuale; che le utenze mobili --omissis--, --omissis-- e --omissis-- il 28.2.2011 erano in Telecom dal precedente operatore (BT Italia SPA) che le aveva in gestione, e da quella data risultavano attive e funzionanti, come confermato dalle bollette da marzo a novembre 2011, non contestate e saldate; che l'infondatezza delle contestazioni della Mo. emergeva dalla sua stessa comunicazione inviata a Telecom il 4.8.2011, nella quale aveva ribadito che il suo studio aveva fornito oltre al "referente" dott. Em. Sc., quattro recapiti telefonici ai quali fare riferimento sempre attivi, i numeri --omissis--, --omissis--, --omissis-- e --omissis--, sicché fin da agosto 2011 e non da ottobre 2011, come sostenuto dall'attrice, erano certamente attive le utenze mobili --omissis-- e --omissis--; che la doppia fatturazione delle utenze mobili non era dimostrata, e se realmente avvenuta, era imputabile alla BT Italia SPA; che mancava comunque la prova degli addebiti mossi a Telecom, dei danni e del nesso causale e la somma richiesta di E 250.000,00 era priva di fondamento; che non era dimostrato che gli asseriti disservizi avessero provocato la revoca del mandato dei due maggiori clienti dell'avv. Mo., né l'importo del contenzioso annuo relativo a tali due clienti, né la pubblicizzazione delle utenze telefoniche fin dal 1993; che era inverosimile che nel corso del presunto disservizio non si fosse adoperata per contattare i suoi clienti abituali tramite qualsiasi utenza mobile e fissa per avvisarli e che non avesse continuato a gestire i rapporti con altre utenze, posto che tra l'altro l'avv. Mo. disponeva dell'utenza mobile --omissis--, non interessata da alcun disservizio, e comunque in breve tempo avrebbe potuto attivare un'altra utenza mobile, o fissa con Telecom, o con altro operatore, e di ciò si doveva tener conto ex art. 1227 cod. civ.; che quanto alla lesione all'immagine professionale secondo la sentenza 9.9.2003 n. 13185 della Corte di Cassazione spettava al danneggiato provare la sussistenza e l'ammontare del danno fornendo prova degli elementi probatori in suo possesso, e la liquidazione equitativa poteva avvenire solo se non era possibile individuare esattamente l'ammontare del danno e non per eludere l'onere probatorio.
Per tali ragioni la convenuta concludeva nei termini in epigrafe trascritti.
All'udienza di prima trattazione del 15.1.2014 il legale di parte attrice depositava il formulario UG per le procedure del tentativo di conciliazione inoltrato via fax il 9.11.2011 sia per le utenze fisse, che per quelle mobili, evidenziando che per queste ultime non c'era mai stata la sua convocazione, ma la normativa vigente consentiva l'avvio della fase giudiziale.
Con ordinanza riservata del 28/30.1.2014 il sottoscritto Giudice riteneva inopportuna la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni sulla questione preliminare dell'improponibilità o improcedibilità delle domande relative alle utenze mobili, sulla base della documentazione prodotta, e concedeva i termini ex art. 183 comma 60 c.p.c..
Nella memoria ex art. 183 comma 60 n. 1) c.p.c. la Mo. sosteneva che non era vero che non avesse inviato a Telecom la documentazione corretta ai fini della migrazione della linea; che la richiesta di migrazione in Telecom Italia SPA con contestuale esercizio del diritto di recesso dal contratto col precedente operatore indicato risultava dal contratto da lei firmato il 18.2.2011 su modulo predisposto dalla convenuta e consegnato al funzionario Telecom, Sig. Br.; che non era vero che il disservizio relativo all'impossibilità di chiamare e ricevere chiamate di clienti di operatori diversi da Telecom sulle utenze fisse fosse imputabile al precedente operatore ed era comunque irrilevante ai fini del rapporto contrattuale fra le parti, in quanto la Telecom nel contratto si era assunta l'onere di provvedere a tutte le richieste ed attività inerenti e conseguenti al recesso e distacco dal gestore BT Italia SPA ed al successivo rientro in Telecom; che la convenuta conosceva sia l'indirizzo anagrafico, sia quello di posta elettronica, sia le utenze mobili dell'attrice e poteva quindi benissimo contattarla, come in effetti avvenuto; che se Telecom non l'aveva contattata, evidentemente l'aveva cercata sulle utenze che non funzionavano; che se il precedente gestore aveva continuato ad addebitarle fatture per consumi dopo la firma del contratto con Telecom, ciò evidentemente era dovuto al fatto che Telecom aveva omesso di effettuare la comunicazione del cambio al precedente gestore; che era la convenuta che doveva provare l'inosservanza del dovere di diligenza e correttezza del danneggiato impostogli dall'art. 1227 cod. civ. (Cass. n. 5883/2000; Cass. 14592/2001); che dopo il distacco delle linee del 24.3.2011 vi erano state concitate richieste di assistenza legale dei maggiori clienti dell'avv. Ma. Mo., che avevano in quel periodo numerose udienze di procedimenti e trattative stragiudiziali pendenti; che l'attivazione di una nuova linea telefonica non sarebbe avvenuta a breve in quanto lo studio professionale era munito di un centralino telefonico e l'aggiunta di una nuova linea avrebbe comportato delle modifiche non consentite, o comunque con tempi di attesa di 30/40 giorni, con maggiori oneri e costi, tra i quali quello di avvertire oltre 500 clienti della nuova utenza e di modificare la guida pubblicitaria del quartiere, la carta intestata, i biglietti da visita e quello di avvertire i colleghi ed il Consiglio dell'Ordine, e non si potevano pretendere dal creditore danneggiato attività comportanti rischi e spese (Cass. n. 10763/1999; Cass. n. 842/2002); che notoriamente all'epoca tutti gli operatori telefonici si avvalevano dei cavi della Telecom, per cui il problema dell'occupazione dei cavi non sarebbe stato risolto rivolgendosi ad un altro operatore telefonico; che l'utenza mobile --omissis-- non era un'utenza personale dell'attrice, ma un'utenza in uso e gestita dal personale di segreteria, che la utilizzava in base ai propri orari di lavoro, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19, utenza utilizzata per le comunicazioni tra la segreteria e lo studio, che non garantiva al cliente un immediato colloquio con la professionista; che in aggiunta ai danni già lamentati in citazione, a causa dell'inadempimento contrattuale di Telecom, aveva subito un pregiudizio al diritto alla salute per lo stato di stress ed il nervosismo che le erano derivate ed un danno esistenziale, valutabili in E 50.000,00.
Per tali ragioni l'attrice concludeva nei termini in epigrafe trascritti.
Nella ex art. 183 comma 60 n. 1) c.p.c. la Telecom sosteneva che per le utenze mobili il modulo relativo alla richiesta di esperimento del tentativo di conciliazione per le utenze mobili si riferiva alla sola questione della doppia fatturazione e non a pretese risarcitorie, insistendo per esse nell'eccezione sollevata>>.
In esito all'istruttoria espletata l'adito Tribunale di Roma decideva la causa con sentenza n. 8585/2017, pubblicata il 2/5/2017, che così statuiva:
"1) Dichiara inammissibile la domanda di Mo. Ma. di condanna di Telecom Italia Spa al rimborso in suo favore di tutte le somme addebitate sulle utenze fisse --omissis-- e --omissis--, e sulle utenze mobili --omissis--, --omissis--, --omissis-- e --omissis-- nel periodo dal 24.3.2011 al novembre 2011 in quanto non dovute;
2) Accerta il ritardo nell'adempimento di Telecom Italia S.p.A. al contratto Telecom Impresa Semplice concluso il 18.2.2011 con Mo. Ma. nei termini indicati in motivazione, e condanna Telecom Italia S.p.A. al risarcimento in favore di Mo. Ma. del danno all'immagine, liquidato equitativamente in E 20.000,00, e del danno esistenziale, liquidato equitativamente in E. 10.000,00, respingendo le altre pretese risarcitorie avanzate da Mo. Ma.;
3) Condanna Telecom Italia S.p.A. al pagamento in favore di Mo. Ma. delle spese processuali, liquidati in E 675,25 per spese vive ed E 7.254,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15%."
Con citazione notificata in data 16.01.2017 Telecom Italia ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza di primo grado e formulando le seguenti conclusioni:
'Piaccia all'Ill.ma Corte di Appello adita, accogliere il presente appello ed totale riforma e/o annullamento dell'impugnata sentenza n. 8585/2017 emessa dal Tribunale di Roma all'esito della causa di cui al n. RG 56146/2013, pubblicata il 2/5/2017, così provvedere in accoglimento delle seguenti conclusioni formulate da Telecom nel primo grado di giudizio:
- disporre l'integrale rigetto di tutte le domande dell'Avv. Ma. Mo. nei confronti di Telecom Italia Spa e/o comunque di tutte le domande nei confronti di Telecom Italia Spa in quanto infondate in fatto e diritto, e sfornite di prova.
- condannare l'Avv. Ma. Mo. alla restituzione in favore di Telecom Italia S.p.A. dell'importo di Euro 33.617,87 percepito dalla prima in esecuzione della sentenza di primo grado o comunque di quanto percepito dalla prima in forza di tale sentenza.
Con vittoria delle spese e competenze tutte del doppio grado di giudizio, oltre IVA, CPA e spese generali'.
Si é costituita in questo grado l'avv. Ma. Mo. e nel chiedere il rigetto dell'appello - ha formulato le seguenti conclusioni:
'Voglia l'On.le Corte di Appello adita
In via preliminare:
- Dichiarare l'inammissibilità del gravame ex art. 348 bis cpc;
- Dichiarare l'inammissibilità del gravame ex art. 342 cpc con riferimento all'art. 163 n° 4 cpc;
Nel merito:
In via principale:
- rigettarsi l'appello principale in quanto manifestamente infondato, pretestuoso e dilatorio, confermandosi, per l'effetto, la sentenza di primo grado;
In via subordinata, in accoglimento dell'appello incidentale spiegato ed in riforma della sentenza di primo grado:
- Riconoscere alla appellata il danno patrimoniale, da lucro cessante derivante dalla revoca dei mandati professionali subiti dai due maggiori clienti, 024 srl e gruppo societario facente capo ad An. Sa., e da perdita di chances subiti a seguito dell'inadempimento della società appellante, e condannare la stessa al risarcimento di tali danni da liquidarsi in via equitativa oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di sottoscrizione del contratto al saldo.
- Condannare la appellante al rimborso, in favore dell'attrice, di tutte le somme addebitate sulle utenze fisse --omissis-- e --omissis--, utenze mobili --omissis--; --omissis--; --omissis--; --omissis-- nel periodo dal 24/3/2011 al novembre 2011 in quanto non dovute, pari ad E 1.267,80.
- Condannare la convenuta ex art. 96 cpc per responsabilità processuale aggravata, con somma da liquidarsi in via equitativa.
Sempre e comunque condannarsi l'appellante alle spese ed onorari del presente giudizio.'
In difetto di attività istruttorie la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni.
In vista dell'udienza di precisazione delle conclusioni, da ultimo fissata al 14.09.2021, è stata disposta la trattazione della causa ai sensi dell'art. 221 comma 4, legge 17.07.2020 n.77 'mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento', ed all'esito, precisate le conclusioni mediante deposito di foglio di p.c. come sopra riportato, la Corte ha riservato la decisione allo scadere dei termini concessi per lo scambio di comparse conclusionali e di repliche (gg. 60 +20).
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via del tutto preliminare sulla eccezione di nullità ed inammissibilità dell'appello per difetto di jus postulandi (nullità della procura di parte appellante), in ragione della diversità tra il soggetto giuridico che aveva rilasciato la procura in virtù del conferimento dei poteri di rappresentanza: TIM S.p.A. e non Telecom Italia S.p.A..
L'eccezione va disattesa tenuto conto che - come emerge dall'esame degli atti allegati dalla appellante - la società appellante ha il numero di codice fiscale --omissis-- che è esattamente quello che risulta dall'atto notarile n. 7326 rep. del 23.1.2017 di conferimento di poteri e revoca da parte di TIM S.p.A. (cod. fisc. --omissis--) nella persona dell'ing. Gi. Re., all'avv. Antonio Santangeli.
Anche l'eccezione di inammissibilità dell'appello, sollevata ai sensi delle previsioni di cui all'art.342 c.p.c., è infondata e deve essere respinta, perché, come sarà evidenziato nel trattare i motivi d'appello, l'atto introduttivo del presente grado di giudizio soddisfa ampiamente i profili volitivi, argomentativi, censori e di causalità richiesti dall'art. 342 c.p.c. e va ben oltre i requisiti minimi richiesti dalla disposizione citata così come delineati dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 16 novembre 2017, n. 27199).
L'appellante ha, infatti, espressamente indicato i capi della decisione impugnati (elemento volitivo), ha suggerito le modifiche da apportare alla sentenza con riguardo alla ricostruzione dei fatti costitutivi delle pretese azionate (profilo argomentativo), ha indicato gli errores in procedendo e in iudicando nei quali sarebbe incorso il giudice di primo grado e nel trattare i singoli motivi d'appello e nelle conclusioni ha presentato le proposte di modifica della sentenza (c.d. fase rescissoria).
Rispondendo, pertanto, l'atto di impugnazione ai requisiti di specificità prescritti dall'art. 342 c.p.c., l'eccezione preliminare in esame va rigettata.
L'esame dell'eccezione di inammissibilità dell'appello sollevata ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c. è assorbito dal fatto che il Collegio ha ritenuto di doversi pronunciare seguendo il procedimento decisorio ordinario, con tutte le garanzie connesse alla pronuncia della sentenza, non essendo apparsa evidente all'esame sommario dei motivi di gravame compiuto in limine litis la sua infondatezza.
Tale delibazione è stata, peraltro, implicitamente resa, in senso reiettivo, con l'ordinanza con la quale la causa è stata rinviata all'udienza di precisazione delle conclusioni.
Passando al merito, l'appello di Telecom Italia contiene i seguenti motivi:
MOTIVO 1) Erronea e/o insufficiente valutazione delle prove e/o di elementi di fatto e di diritto da parte del Tribunale. Erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto imputabile a Telecom il lamentato disservizio.
MOTIVO 2 (indicato col n 3):
Erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto l'esistenza di un danno all'immagine che l'avv. Mo. avrebbe patito.
MOTIVO 3 (indicato col n.4)
Erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto un danno esistenziale in favore dell'avv. Mo..
In merito ai rilievi sollevati dalla appellante principale giova riportare la decisione del Tribunale che aveva così motivato:
<<Preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile la domanda di Mo. Ma. di condanna di Telecom al rimborso, in suo favore di tutte le somme addebitate sulle utenze fisse --omissis-- e --omissis--, e sulle utenze mobili --omissis--, --omissis--, --omissis-- e --omissis-- nel periodo dal 24.3.2011 al novembre 2011 in quanto non dovute, trattandosi di domanda di ripetizione di indebito oggettivo avanzata per la volta nella memoria ex art. 183 comma 60 n. 1) c.p.c. e quindi tardivamente, e non nell'atto di citazione, non potendosi tale domanda qualificare come precisazione e/o modificazione della domanda di risarcimento dei danni patrimoniali per inadempimento del contratto Telecom Impresa Semplice concluso dalle parti il 18.2.2011 (vedi doc. 2 di parte attrice), perché basata non su tale inadempimento, riferito alla tardiva attivazione delle utenze fisse e mobili della Mo., ma sulla diversa causa petendi rappresentata dal pagamento asseritamente non dovuto di fatture ricevute da Telecom per utenze non attivate.
Viceversa può rientrare nell'ambito delle precisazione e/o modificazioni della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente all'inadempimento suddetto, quella di condanna di Telecom al risarcimento del danno esistenziale per E 50.000,00, avanzata dalla Mo. per la prima volta nella ex art. 183 comma 6 0 n. 1) C.P.C., in quanto il danno esistenziale non costituisce un'autonoma categoria di danno, ulteriore rispetto al danno patrimoniale e non patrimoniale, essendo ricompresa in tale ultima categoria ed identificandosi nel danno conseguenza che si può produrre sul fare a reddituale del danneggiato quando si verifichi la lesione grave e seria di diritti della persona costituzionalmente protetti.
Sempre in via preliminare é infondata l'eccezione di improponibilità o improcedibilità sollevata da Telecom per il mancato esperimento del tentativo di conciliazione obbligatorio, previsto dall'art. 1 comma 11 della L. 31.7.1997 n. 249 e dall'art. 2.1 della delibera 173/07/CONS dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), dal momento che il formulario UG inviato dalla Mo. al Corecom della Regione Lazio il 9.11.2011 tramite fax alle 18.20 sul numero --omissis--, e seguito dal tentativo di conciliazione esperito l'11.1.2012 (vedi doc. 1 di parte attrice), faceva riferimento all'inadempimento del contratto Telecom Impresa Semplice del 18.2.2011 (che si riferiva anche alle utenze mobili) oltre che alle utenze fisse --omissis-- e --omissis-- ed alla richiesta di risarcimento danni per il ritardo nell'attivazione e per l'utilizzabilità delle utenze solo nei confronti di clienti Telecom, con danni per perdita di clientela e di immagine, ed il formulario UG Inviato allo stesso numero di fax sempre il 9.11.2011 alle 18.39, e non seguito da distinta convocazione per il tentativo di conciliazione, faceva riferimento all'ulteriore danno patito dalla Mo. in relazione alle utenze mobili --omissis--, --omissis--, --omissis--, --omissis-- e --omissis-- per la doppia fatturazione subita da parte di Telecom e da parte del precedente gestore BT Italia, sicché anche in relazione a tale seconda istanza erano decorsi oltre trenta giorni dalla richiesta di conciliazione quando il presente giudizio é stato introdotto, risultando esso quindi pienamente procedibile.
Nel merito, premesso che le cosiddette schermate Pitagora prodotte dalla convenuta, prive di autore e non confermate in sede testimoniale, non sono qualificabili come documenti, e sono prive di qualsivoglia valore probatorio, risulta documentato dall'attrice che il 18.2.2011 ha sottoscritto con Telecom il contratto Telecom Impresa Semplice (vedi doc. 2), che comprendeva le linee telefoniche fisse --omissis-- e --omissis--, le telefoniche mobili --omissis--, --omissis--, --omissis-- e --omissis--, oltre al collegamento con linea ADSL e internet.
Per effetto del contratto la convenuta doveva provvedere alla cessazione del contratto telefonico in essere col precedente gestore della Mo., la BT Italia SPA, al rientro di Mo. Ma. in Telecom ed all'attivazione dei servizi previsti in contratto, attivazione che secondo la Carta dei Servizi di Telecom sarebbe dovuta avvenire, in assenza di diverse previsioni contrattuali, e di eccezionali difficoltà tecniche, nella specie neppure dedotte, entro dieci giorni lavorativi, mentre sempre secondo la Carta dei Servizi Telecom avrebbe dovuto provvedere a riparare i guasti per i clienti business entro un giorno dalla chiamata.
La realtà é stata però ben diversa, e l'avv. Mo. a seguito della conclusione del citato contratto del 18.2.2011 e del distacco dal precedente gestore telefonico BT Italia SPA, avvenuto per le utenze fisse --omissis-- e --omissis-- il 24.3.2011, ha visto attivata la linea fissa --omissis--, nota ai clienti come destinata ai fax, in un primo tempo solo per chiamate da e nei confronti di clienti di Telecom e non di altri operatori, e poi a partire dal 2.5.2011 anche da altri operatori, ha visto attivata la linea fissa --omissis--, utenza storica dello studio, solo in data 26.11.2011 per l'intervento nello studio legale di tecnici della Telecom più volte in precedenza vanamente sollecitato, peraltro con possibilità inizialmente limitata alle chiamate da e per clienti Telecom e non di altri operatori e con normale funzionalità solo da dicembre 2011, come desumibile oltre che dalla documentazione dei reclami, proteste e solleciti prodotti dall'attrice, dalle testimonianze concordanti ed attendibili rese dalla segretaria dello studio legale dell'attrice Gravina Amelia, dal commercialista presso lo stesso studio legale, Sc. Em., e dalla praticante dello studio, poi divenuta avvocato, Ca. Va., testimonianze non contrastate da contrari elementi di prova.
La convenuta non ha contestato specificamente tali circostanze, sostenendo che il difetto di comunicazione con clienti di operatori diversi da Telecom temporaneamente manifestatosi, sarebbe dovuto per ragioni tecniche al precedente gestore, la BT Italia SPA, colpevole di avete mantenuto nel proprio data base le utenze fisse sopra indicate, ma sul punto non ha articolato alcuna prova, e comunque essendo stato formalizzato il recesso e riportato il codice di migrazione in contratto, Telecom era contrattualmente tenuta a garantire la piena funzionalità delle utenze verso e da tutti gli operatori telefonici e si sarebbe dovuta tempestivamente attivare presso il precedente gestore, la BT Italia SPA, per ottenere la liberazione delle linee, mentre ha mantenuto un contegno inerte trincerandosi dietro a presunte difficoltà di contattare l'avv. Mo. (vedi doc. 3 e 6 di parte attrice), alla quale in realtà il 24.3.2011 aveva inviato sms (vedi doc. 4 di parte attrice), senza contare poi che a conferma della pretestuosità della posizione assunta da Telecom, alla stessa erano stati forniti il numero dell'utenza fissa --omissis-- che dal 2.5.2011 funzionava regolarmente e ben tre numeri di telefoni cellulari --omissis--, --omissis-- e --omissis-- (in uso alla segretaria dello studio legale per le comunicazioni con lo studio dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19), che nel giugno 2011 funzionavano regolarmente (vedi doc. 7 di parte attrice), ma nonostante ciò ha finalmente attivato la linea fissa --omissis-- solo il 26.11.2011, col vergognoso ritardo di oltre otto mesi, nonostante i molteplici reclami e solleciti della Mo. e della sua segretaria Gr. Am..
Non ha invece trovato conferma dalla prova espletata la circostanza sostenuta in citazione che le utenze mobili n. --omissis--, n. --omissis-- e n. --omissis-- sarebbero state attivate solo ad ottobre 2011 a seguito di numerosi solleciti telefonici e scritti, e del resto i reclami presentati dalla Mo. relativamente alle utenze mobili hanno riguardato (vedi doc. 7 e 9 di parte) solo la circostanza della doppia fatturazione e non il loro mancato funzionamento, o la ritardata attivazione, smentite anche dalle fatture prodotte dall'attrice, e quanto alle domande di ripetizione di indebito delle fatture relative alle utenze mobili pagate a Telecom, si é già visto come siano inammissibili in questa sede in quanto tardivamente formulate, mentre evidentemente Telecom non può rispondere a titolo risarcitorio per le fatture che si assumono indebitamente pagate dall'attrice alla BT Italia SPA.
Risulta poi che l'avv. Mo. ha anche tentato di rimediare al disservizio della mancata attivazione della linea telefonica fissa --omissis--, utenza storica dello studio, rivolgendosi a Wind Infostrada, che ha però negato la possibilità di inserimento sulla linea che risultava occupata (vedi deposizioni di Gr. Am. e Ca. Va.), e che peraltro l'inserimento di un nuovo numero sostitutivo dell'utenza storica dello studio non poteva avvenire in tempi rapidi per la presenza nello studio legale dell'avv. Mo. di un centralino telefonico con due linee esterne, una linea fax e cinque linee interne, delle quali due riservate alla segreteria, tre agli avvocati ed una al commercialista dello studio, senza contare poi che l'attrice e la sua segretaria si sono ripetutamente attivate telefonicamente presso il centro assistenza clienti di Telecom e per iscritto con reclami e solleciti, per cui non é ravvisabile alcun concorso colposo ex art. 1227 cod. civ. dell'avv. Mo. nella produzione dei danni provocati dal ritardato adempimento riconosciuto.
Venendo alla prova dei danni subiti sotto il profilo patrimoniale, va anzitutto evidenziato che l'avv. Ma. Mo. non ha prodotto documentazioni relative ai redditi personali professionali dichiarati nel periodo del disservizio ed in quello anteriore e successivo, idonei a dimostrare che a causa di esso si sia verificata una contrazione dei suoi professionali, e ciò impedisce di ricorrere ad una valutazione equitativa, in quanto tale prova era certamente possibile.
Ugualmente vanno disattese le pretese risarcitorie relative al mancato guadagno discendente dalla revoca del mandato subita dai suoi maggiori clienti, la 024 S.R.L. (avente come I.t. Pr. Ma.) ed il gruppo di società facenti capo a Sa. An.. L'attrice, infatti, ha documentato la revoca degli incarichi professionali che le erano stati conferiti da parte di Pr. Ma. col telegramma del 15.6.2011 (doc. 37 di parte e le ricevute di restituzione dei documenti e fascicoli personali delle società del gruppo facenti capo a Sa. An., ha prodotto ampia documentazione dell'attività professionale svolta per tali ed ottenuto conferma testimoniale del fatto che si trattava dei suoi maggiori clienti e del fatto che per essi aveva svolto notevole attività di assistenza e rappresentanza giudiziale e stragiudiziale e collaborazione in campo contrattuale, ma non ha provato che la ragione della revoca di tali incarichi sia stata rappresentata dalla difficoltà di contattarla sulle linee fisse dello studio per il disservizio dovuto a Telecom, posto che comunque l'avv. Ma. Mo. aveva un cellulare personale e che come si é visto ad essere diverse utenze mobili (--omissis--, --omissis-- e --omissis--) in uso anche alla segretaria dello studio, Gr. Am., senza contare poi che la linea telefonica fissa --omissis-- fin dal 2.5.2011 funzionava regolarmente, per cui é ben possibile che le ragioni della revoca debbano essere ricercate in contrasti sulle linee difensive adottate, o nelle tariffe troppo elevate pretese, anziché nel disservizio telefonico oggetto di causa.
Il funzionamento di una linea fissa a partire dal 2.5.2011 e di tre utenze mobili e la mancata produzione delle dichiarazioni dei redditi conseguiti prima, durante e dopo il disservizio, escludono altresì la possibilità di riconoscere all'attrice un risarcimento del danno patrimoniale per perdita di chance su futuri ed indeterminati nuovi incarichi professionali, non essendo neppure provato che si sia verificata una contrazione del fatturato dell'avv. Ma. Mo..
Deve essere accolta la domanda dell'attrice di risarcimento del danno all'immagine subito (vedi sulla sua liquidabilità di tale danno per disservizi telefonici Cass. 31.10.2014 n. 23154; Cass. n.1418/2011), in quanto per un periodo di oltre otto mesi l'avv. Ma. Mo. non é risultata reperibile sull'utenza storica del suo studio legale, per poco meno di tre mesi neppure sull'utenza telefonica dello studio utilizzata per i fax, e per periodi di tempo non é risultata raggiungibile da chi non fossero utenti della Telecom, il che ha generato lamentele da parte di numerosi clienti dello studio, spazientitisi per l'impossibilità di contattare sulle utenze fisse il loro legale, infastiditi dal fatto che la linea fissa unica dello studio disponibile dal 2.5.2011 fino a novembre dello stesso anno risultava spesso occupata perché sovraffollata di chiamate per i tre avvocati ed un commercialista dello studio, e costretti a recarsi personalmente al suo studio per la consegna di documenti ed a chiamare su utenze mobili per avere informazioni talora senza poter parlare direttamente con l'avv. Ma. Mo. (vedi deposizioni di Co. To., Gr. Am., Sc. Em. e Ca. Va.), con evidente ricaduta negativa sul profilo di efficienza ed organizzazione dello studio che appariva ai clienti, che se ne sono diffusamente lamentati anche con terze persone, incidendo negativamente sul prestigio professionale e sul buon nome dell'avv. Ma. Mo., anche in considerazione del fatto che in una città come Roma, in cui i contatti personali sono resi difficoltosi dalle distanze e dall'intenso traffico, il successo di un avvocato si misura oltre che nella capacità difensiva scritta e verbale e nella preparazione teorica, anche nella disponibilità a seguire e rassicurare il cliente telefonicamente nei suoi momenti di particolare difficoltà e tensione legati ai contenziosi in essere. Tenuto conto dell'intensa attività professionale documentata, esperienza lavorativa maturata nel tempo dall'avv. Ma. Mo. e della durata e gravità del disservizio, si ritiene di dover valutare il danno all'immagine equitativamente in E 20.000,00.
Va poi riconosciuto all'attrice il risarcimento del danno esistenziale subito a causa del protratto ritardo di Telecom nell'adempimento contrattuale (oltre otto mesi per l'attivazione della linea telefonica --omissis--, avvenuta solo il 26.11.2011 ed in un primo tempo e fino a dicembre 2011 con funzionamento limitato ai clienti Telecom, poco meno di tre mesi per l'attivazione funzionale piena della linea fissa --omissis--, prima attiva per circa due mesi solo verso numeri di clienti Telecom), che ha inciso negativamente su un diritto della persona protetto dall'art. 21 della Costituzione, quale il diritto di comunicazione, limitandolo in modo grave e serio soprattutto nel periodo di poco meno di tre mesi di contemporaneo mancato funzionamento delle due utenze fisse dello studio legale dell'avv. Ma. Mo., oltre a provocare grave stress alla titolare dello studio per le difficoltà insorte nella comunicazione coi clienti circa l'andamento delle controversie e delle trattative negoziali in corso (vedi sul danno esistenziale per lesione di diritti della persona costituzionalmente tutelati ai sensi dell'art. 2059 cod. civ. quando si tratta di pregiudizi gravi e seri Cass. sez. un. n. 26972/2008). Per tale voce di danno non patrimoniale si ritiene di dover liquidare equitativamente all'attrice la somma di E 10.000,00. - Le liquidazioni equitative effettuate all'attualità sono già comprensive della rivalutazione monetaria e degli interessi compensativi al tasso legale maturati>>.
Ritiene la Corte che la decisione appellata sia del tutto corretta e condivisibile e che, pertanto, vada pienamente confermata sulla valutazione delle responsabilità di Telecom Italia e sulle relative conseguenze patrimoniali da inadempimento.
L'ampia ed esauriente motivazione del Tribunale (sia sugli aspetti di fatto che sulle considerazioni di diritto) potrebbe esonerare questa Corte dall'analisi puntuale ed approfondita dei motivi di appello poiché la motivazione per relationem è oramai ampiamente riconosciuta come legittima anche nel giudizio di appello (cfr. Cass. civ., sez. un., 18-03-2010, n. 6538: <<è legittima la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame, purché il giudice d'appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto>>; nonché Cass. civ., sez. trib., 16-04-2014, n. 8850; Cass. civ., sez. lav., 23-08-2018, n. 21037; Cass. civ. [ord.], sez. VI, 11-09-2018, n. 21978: 'La motivazione della sentenza per relationem è ammissibile, purché il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell'identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio').
A tal proposito risulta sufficiente argomentare come le censure sollevate dalla appellante non considerano quelle che sono le regole probatorie, comunemente affermate in giurisprudenza, in materia di inadempimento contrattuale.
Infatti, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza ma non l'inadempienza dell'obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, spettando, invece, al debitore convenuto l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento; il medesimo principio applicabile anche nell'ipotesi d'inesatto adempimento si estende anche alle obbligazioni di risultato (v. Cass. civ. (ord.), sez. II, 21-05-2019, n. 13685, che nella specie, aveva ritenuto che ove l'acquirente di un software applicativo, in mancanza del risultato stabilito dal contratto abbia agito in giudizio per la sua risoluzione, una volta provato il contratto costitutivo della sua pretesa, possa limitarsi ad allegare l'inadempimento o l'inesatto adempimento della controparte, spettando, invece, al debitore convenuto l'onere di provare di aver esattamente adempiuto alla propria obbligazione, vale a dire l'idoneità del sistema fornito a conseguire i risultati richiesti dall'acquirente, comunicati dallo stesso al venditore e da questi tenuti presenti nell'effettuare la fornitura; v. pure Cass. civ. (ord.), sez. VI, 12-10-2018, n. 25584).
Ed a confutare quanto argomentato dalla appellante con il primo motivo, e a conferma della correttezza della decisione del tribunale, il richiamo a come la appellante avesse assolto all'onere della prova - su di essa gravante - è aspetto dirimente del gravame proposto.
Avendo l'avv. Mo. dimostrato la conclusione del contratto, la data di scadenza dell'obbligazione gravante su Telecom - e quindi fornito la prova del suo diritto al danno da inadempimento - spettava a Telecom Italia dare la prova (diretta e specifica) dell'esatto adempimento alle obbligazioni su di essa contrattualmente gravanti.
Su questo nessun elemento di prova era stato fornito dalla appellante che, va evidenziato, si era limitata a negare genericamente il suo inadempimento attribuendolo a terzi (il precedente gestore telefonico) od a fatto dello stesso cliente (per non avere risposto alla chiamate telefoniche inoltrate da Telecom).
La prova che doveva fornire la appellante, invero, era solo quella dell'avvenuto adempimento tempestivo ed esatto a quanto contrattualmente si era obbligata a fornite alla cliente (che a sua volta si era obbligata a corrispondere il relativo costo di utenza telefonica e dei servizi internet/ADSL); o, quanto meno, la prova che l'inadempimento era dipeso da fatti e circostanze oggettive (dimostrate) a sé non imputabili.
Nonostante gli sforzi della appellante nessun di tali elementi probatori risultava fornito al giudizio il che lasciava indimostrato l'avvenuto esatto adempimento di Telecom, che era l'unica via per essere esonerata da responsabilità contrattuale verso la cliente avv. Ma. Mo..
Peraltro, la diligenza e buona fede nell'esecuzione del contratto da parte di una impresa esercente servizi di telefonia impongono di comunicare tempestivamente al proprio cliente l'impossibilità di eseguire la prestazione e di adottare gli opportuni provvedimenti al fine del contenimento dei danni (cfr Cass. civ., sez. III, 10-06-2016, n. 11914) tanto più che la c.d. migrazione del cliente da un gestore ad un altro è un aspetto dell'obbligazione che grava sull'impresa telefonica e non sul cliente (a cui viene data contezza, nel contratto, di una immediata operatività del servizio fornito dal nuovo gestore con l'evidente scopo di incentivare l'adesione del cliente alla proposta contrattuale); cliente che, in particolare quando rivesta una qualifica professionale ed ha maggior interesse ad un servizio pronto ed immediato (come per l'avvocato appellato), impone ancor più all'impresa telefonica di agire con diligenza e buona fede per far sì che le attività necessarie all'adempimento vengano poste in essere in tempi rapidi e rispettando strettamente le tempistiche indicate nel contratto.
Difatti, nel contratto stipulato tra le parti in causa erano stati previsti espressamente gli obblighi a carico della Telecom: a) cessazione del contratto telefonico in essere con il precedente gestore; b) rientro in Telecom; c) attivazione dei servizi telefonici; e quindi la appellante con la sottoscrizione di tale contratto aveva assunto l'obbligo di compiere tutte le attività utili e necessarie alla completa migrazione del cliente dal precedente gestore al nuovo, onde procedere con l'attivazione dei servizi oggetto dell'offerta.
Né può negarsi, invero, che Telecom Italia non fosse consapevole della qualifica professionale dell'avv. Mo. e del particolare interesse che l'aveva spinto ad aderire all'offerta Telecom Italia ed a sottoscrivere il nuovo contratto (poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli art. 2 cost. e 1175 c.c.).
Inoltre, alla posizione probatoria della appellante non giovava, e non giova, la produzione delle 'schermate Pitagora' per le stesse esatte ragioni indicate dal primo giudice che le ha valutate irrilevanti, a fini probatori, non tanto per la loro natura, quanto per le modalità della loro acquisizione 'prive di autore e non confermate in sede testimoniale, non sono qualificabili come prove'.
Infatti, tali schermate - relative ad un software di gestione interno Telecom Italia - non possedendo le caratteristiche ordinarie della 'prova documentale' intesa in senso tradizionale (cartaceo), risultano rappresentare un semplice riepilogo di dati senza alcuna certezza del loro contenuto e della fonte di provenienza; ben potendo essere adattate, corrette o comunque elaborate senza alcun controllo esterno all'autore (essendo ben noto il fenomeno della 'modificabilità' dei documenti informatici estraibili da software di gestione in uso di operatori singoli o professionali).
Non essendo, quindi, un 'documento' non può essere neppure oggetto di disconoscimento, ma di semplice contestazione che onera chi lo produce ad una ulteriore attività dimostrativa/probatoria atta a convalidare quei dati (ad esempio tramite propria perizia giurata e richiesta di consulenza tecnica per confrontare i dati emergenti dalle schermate con i documenti ufficiali della società).
Infondati sono anche i successivi motivi n.2 e 3 (afferenti al danno liquidato alla appellata) e per questi il rimando alle motivazioni del primo giudice risulta ancora più convinto.
Valgono a questo proposito le considerazioni già fatte circa lo specifico interesse che aveva spinto l'avv. Ma. Mo. ad aderire all'offerta Telecom Italia.
In presenza di un inadempimento che aveva colpito direttamente l'attività professionale del medesimo cliente (avvocato), non v'è dubbio alcuno che i danni cagionati avessero inciso, in prima battuta, sulla immagine professionale della appellata come pure sulla sua reputazione, intesa nel senso specifico di considerazione del valore e delle capacità del professionista che agisce nel settore della tutela ed assistenza giudiziaria e della consulenza legale; valutabili anche tramite l'esame della sua capacità organizzativa sul piano personale e materiale.
Ma anche il c.d. danno esistenziale liquidato alla appellata risulta corretto e condivisibile sol se si tenga presente che anche un inadempimento contrattuale può generare un danno nella sfera non patrimoniale del creditore tanto più quando il contratto abbia una specifica finalità che il medesimo creditore intende esattamente e prontamente perseguire.
La prolungata assenza di comunicazione ed i disservizi dimostrati dall'attività istruttoria di I° grado, avevano inciso in modo significativo anche sulla persona della appellata
Invero, per quanto riguarda i danni non patrimoniali che l'avv. Mo. sosteneva di aver risentito a causa dell'inadempimento di Telecom Italia (che avevano messo seriamente e ingiustamente a repentaglio la serenità personale e la vivibilità dell'ambiente lavorativo) osserva il Collegio che la giurisprudenza della Suprema Corte (già con Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972 e, poi, tra le altre, con Cass., 9 aprile 2009, n. 8703) ha affermato che, "in tema di responsabilità per fatto illecito, rientra tra i principi informatori della materia, ....., quello di cui al disposto dell'articolo 2059 c.c., il quale, secondo una lettura costituzionalmente orientata, non disciplina un'autonoma fattispecie di illecito, produttiva di danno non patrimoniale, distinta da quella prevista dall'articolo 2043 c.c., ma regola i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali, sul presupposto dell'esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito richiesti dall'articolo 2043 c.c., con la peculiarità della tipicità di detto danno, stante la natura dell'articolo 2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge ovvero ai diritti costituzionali inviolabili, presieduti dalla tutela minima risarcitoria, e con la precisazione, in tale ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l'interesse leso e non il pregiudizio in conseguenza sofferto, e che la risarcibilità del danno non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia grave e che il danno non sia futile" (cfr. anche Cass. 15.07.2014 n. 16133); pronuncia che è possibile applicare anche per i casi di danni cagionati da inadempimento contrattuale (cfr. proprio in tema di contratto di somministrazione Cass. civ., sez. III, 22-12-2015, n. 25731: 'in caso di grave inadempimento contrattuale (consistente nell'arbitraria sospensione della fornitura di energia elettrica pur a fronte dell'avvenuto pagamento del debito da parte dell'utente) il somministrante è obbligato al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, a meno che non sia fornita la prova che tale inadempimento è stato determinato da causa a lui non imputabile, ovvero dalla ignoranza incolpevole dell'avvenuto pagamento', nella specie, si è ritenuto che, oltre al danno di natura patrimoniale, fosse astrattamente risarcibile il disagio subìto dall'utente, la cui valutazione può avvenire anche in via equitativa).
E la lesione è grave quando supera la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale, mentre il danno non è futile quando non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura meramente immaginario (così la citata Cass. n. 8703 del 2009).
Può, dunque, affermarsi in via generale che la "gravità della lesione" attiene al momento determinativo dell'evento dannoso, quale incidenza pregiudizievole sul diritto/interesse selezionato (dal legislatore o dall'interprete) come meritevole di tutela risarcitoria, e la sua portata è destinata a riflettersi sull'ingiustizia del danno, che non potrà più predicarsi tale in presenza di una minima offensività della lesione stessa.
In definitiva, la gravità dell'offesa è funzione plastica del requisito dell'ingiustizia del danno, che ne modella il suo orbitare nella cerchia gravitazionale dell'illecito. La "serietà del danno" riguarda, invece, il piano delle conseguenze della lesione e cioè l'area dell'obbligazione risarcitoria, che si appunta sulla effettività della perdita subita (il c.d. danno - conseguenza); il pregiudizio "non serio" esclude che vi sia una perdita di utilità derivante da una lesione che pur abbia superato la soglia di offensività.
Questi principi, applicati al caso in esame, consentono di ritenere fondata la pretesa della parte appellata perché l'offesa arrecata alla posizione soggettiva della medesima (quale essere umano che ha diritto di esercitare attività anche in campo economico per l'affermazione della propria personalità) era grave e seria in quanto si era concretizzata in ripetuti e continuati episodi di mancata attivazione delle comunicazioni telefoniche che avevano reso disagevole l'esercizio dell'attività professionale della appellata per un tempo decisamente superiore a quello che si può ritenere come normalmente tollerabile dall'uomo medio.
L'accertamento della gravità della lesione e della serietà del danno spetta al giudice, in forza del "parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico" (Cass., sez. un., n. 26972 del 2008). Dunque, è un accertamento di fatto ancorato alla concretezza della vicenda materiale portata alla cognizione giudiziale ed al suo essere maturata in un dato contesto temporale e sociale, dovendo l'indagine proiettarsi sugli aspetti contingenti dell'offesa e sulla singolarità delle perdite personali verificatesi.
Tutto questo giustificava la decisione del primo giudice e consente a questo Collegio di condividerlo anche nella sua quantificazione.
L'appello principale, in conclusione, va respinto.
L'appello incidentale è stato proposto in via subordinata, nel caso in cui l'appello principale fosse stato ritenuto ammissibile; pertanto rimane assorbito.
Di conseguenza la appellante va condannata al pagamento delle spese di questo grado del giudizio, a favore della appellata, e liquidate tenuto conto del valore della controversia e delle attività compiute dal procuratore della parte nel presente giudizio secondo i parametri ministeriali attualmente in vigore (d.m. 10.3.2014 n.55 aggiornati col d.m. 37/2018) che, per le cause avanti alla Corte di Appello, consentono un compenso totale E 6.615,00 (oltre le spese vive documentate e le spese generali forfetarie) così determinato:
scaglione di valore in questa causa è quello tra E 26.000,01/52.000,00;
fasi processuali tenutesi in questo grado: n.1 (studio controversia) + n.2. (introduttiva) + n.4 (decisoria);
importi applicati (medi).
Infine, rilevato che l'impugnazione in esame è sottoposta alla disciplina di cui alla legge 228/2012 (che ha modificato l'art. 13 t.u. di cui al d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115, introducendo dopo il comma 1 ter il comma 1 quater), di conseguenza, la parte appellante é tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Infatti in materia di impugnazioni, l'obbligo del versamento, per l'appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in caso di rigetto integrale della domanda (ovvero di definizione negativa, in rito, del gravame), è previsto per i procedimenti iniziati in data successiva al 1° gennaio 2013, come il presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta,
così decide sull'appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma deliberata in data 22.04.2015 (depositata in data 02.05.2017 con il N. 8585/2017) proposto da Telecom Italia S.p.A. nei confronti di Mo. Ma. (appellante incidentale - subordinata):
a) Rigetta l'appello principale (assorbito quello incidentale);
b) Condanna la appellante Telecom Italia S.p.A. alla rifusione delle spese sostenute dalla appellata Mo. Ma. nel presente grado di giudizio, liquidando il compenso professionale in totali E 6.615,00 (oltre al rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% del liquidato compenso), con l'IVA ed il CAP come per legge;
c) dichiara la parte appellante principale tenuta al versamento di un ulteriore importo pari a quello per il contributo unificato (ex art. 13, comma 1-quater, del DPR 115/2002).
Così decisa in Roma il 13.12.2021.
Depositata in cancelleria il 28/12/2021