No all’indennità di occupazione per l’ex moglie

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La Corte di Cassazione con l’Ordinanza 18 aprile 2023, n. 10264 ha accolto il ricorso di un marito separato, portato in giudizio dall’ex moglie, che ne aveva chiesto la condanna al pagamento di un importo mensile a titolo di indennità di occupazione dell’immobile acquistato, durante il matrimonio, in regime di comunione, nel quale il convenuto era rimasto ad abitare nonostante il rigetto della sua domanda di assegnazione della casa coniugale. In questo articolo, verranno forniti maggiori dettagli sulla decisione presa dalla Corte di Cassazione.

 

Il caso:

La moglie cita in giudizio l'ex marito, chiedendo che questi sia condannato a pagare un importo mensile di almeno 250 euro come indennità di occupazione dell'immobile acquistato in regime di comunione durante il matrimonio, nel quale il convenuto era rimasto ad abitare nonostante il rigetto della sua domanda di assegnazione della casa coniugale.

 

Le sentenze di primo e secondo grado:

Il tribunale condanna il marito al pagamento di un importo annuo di 3.150 euro, oltre alla rivalutazione ISTAT, in favore della moglie, dal febbraio 2007 fino allo scioglimento della comunione tra le parti sull'immobile in questione. La sentenza viene confermata dalla Corte d'Appello.

 

Il ricorso in Cassazione:

Il marito, nonostante l

e due soccombenze, propone ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 155 e 1102 c.c., in quanto la Corte territoriale avrebbe riconosciuto il diritto al risarcimento da mancato godimento del bene, nonostante non vi sia stato dissenso all'utilizzo dell'immobile oggetto della controversia e ha quantificato erroneamente l'indennità di occupazione.

 

La decisione della Corte di Cassazione:

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal marito, sostenendo che:

 

  • Se il bene di proprietà comune non può essere goduto contemporaneamente da tutti i proprietari (come nel caso dell'abitazione coniugale menzionata), l'uso comune può avvenire in modo indiretto o tramite un uso turnario dei proprietari. Questo tipo di utilizzo costituisce un esercizio adeguato del potere di regolamentazione dell'uso del bene comune da parte della maggioranza, in quanto non impedisce il diritto individuale di godimento del bene.
  • Non è condivisibile la decisione del giudice di secondo grado di riconoscere il diritto all'indennità della moglie a partire dalla sentenza di separazione dei coniugi, in assenza di una richiesta di rilascio del bene in favore dell'ex moglie o di istanza di uso turnario del bene o di richiesta della stessa per la quota parte dei frutti non goduti.
  • Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, che nel decidere la controversia si atterrà al principio di diritto secondo cui "in materia di comunione del diritto di proprietà, allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, secondo quanto prescrive l'art. 1102 c.c., i comproprietari possono deliberarne l'uso indiretto. In mancanza di deliberazione, il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l'intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l'esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell'utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili con decorrenza dalla data in cui allo stesso perviene manifestazione di volontà degli altri comproprietari di avere un uso turnario o comunque di godere per la loro parte del bene”.

 

In sostanza, la Corte di Cassazione ha affermato che il proprietario di un bene comune ha il diritto di ricevere un indennizzo da parte di un altro proprietario se quest'ultimo ha goduto dell'intero bene in maniera esclusiva senza un titolo giustificativo per l'esclusione degli altri proprietari, causando loro una privazione dell'utilizzo del bene. Tuttavia, questo diritto non sorge automaticamente a partire dalla sentenza di separazione dei coniugi, ma è subordinato alla manifestazione di volontà degli altri comproprietari di avere un uso turnario o di godere per la loro parte del bene.