Spese di lite: la “clausole di stile” rende il valore indeterminabile
La vicenda processuale: parte attrice chiedeva al Giudice di pace di Roma la condanna solidale diel convenuto e della Compagnia di Assicurazioni, al pagamento della somma di euro 3.394,94, oltre interessi, ovvero di «quella maggiore o minore somma che sarà accertata in corso di causa».
Il GdP rigettava la domanda, che veniva riproposta in appello: il Tribunale respingeva l'impugnazione e condannava l’appellante alla rifusione delle spese di lite in favore della Compagnia di Assicurazioni liquidate in euro 8.000 (ottomila) per compensi, oltre accessori di legge.
L'appellante soccombente ricorre in Cassazione, contestando la liquidazione delle spese.
Nell'ordinanza n. 32443/2022 la Corte di Cassazione chiarisce la natura dell'espressione contenuta in una domanda di risarcimento danni - “o al pagamento di quella maggiore o minore somma che sarà accertata in corso di causa” - ai fini della liquidazione delle spese di lite a carico del soccombente.
“Con orientamento cui si intende dare continuità, poiché non scalfito dalle generiche argomentazioni dell’impugnante, questa Corte ha chiarito che: «ai fini della determinazione dello scaglione degli onorari di avvocato per la liquidazione delle spese di lite a carico della parte la cui domanda di pagamento di somme o di risarcimento del danno sia stata rigettata, il valore della causa, che va determinato in base al disputatum, deve essere considerato indeterminabile quando, pur essendo stata richiesta la condanna di controparte al pagamento di una somma specifica, vi si aggiunga l’espressione “o di quella maggiore o minore che si riterrà di giustizia” o espressioni equivalenti, poiché, ai sensi dell’art. 1367 cod. civ., applicabile anche in materia di interpretazione degli atti processuali di parte, non può ritenersi a priori che tale espressione sia solo una clausola di stile senza effetti, dovendosi, al contrario, presumere che in tal modo l’attore abbia voluto indicare solo un valore orientativo della pretesa, rimettendone al successivo accertamento giudiziale la quantificazione» (così Cass. 26/04/2021, n. 10984).
Ben correttamente, dunque, il Tribunale di Roma, adito con una domanda caratterizzata dalla trascritta precisazione, ha reputato la controversia di valore indeterminabile e, per l’effetto, parametrato i compensi dovuti alla parte vittoriosa in entità corrispondente (come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente: pag. 9 del ricorso) alla misura media stabilita (per le fasi di studio, introduttiva e decisionale) dalle tariffe del d.m. n. 55 del 2014 per i giudizi dinanzi al Tribunale: a prescindere dall’omessa specificazione degli importi dovuti per ciascuna, visto che a detta misura corrisponde il liquidato complessivo.”