Guasto alla linea per condizioni climatiche avverse e responsabilità del gestore telefonico

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Nei contratti di telefonia perché il guasto patito dall’utente generi un diritto di risarcimento dei danni, è necessario che sia stato cagionato da motivi imputabili al gestore. La ricorrenza di condizioni climatiche particolarmente avverse (nevicate consistenti e durature, testimoniate anche da notizie di stampa) che hanno determinato l’interruzione della fornitura elettrica con difficoltà di ripristino in considerazione dell’area montana, rendono non addebitabile la responsabilità per il disservizio alla compagnia telefonica.


(Tribunale Benevento sez. II, 27/05/2020, n.792)

Svolgimento del processo

1. D’A.Am. traeva in giudizio, avanti al Giudice di pace di Airola, la WI. S.P.A., affinché il Giudice adito volesse: accertare l’inadempimento contrattuale della controparte, o la responsabilità extracontrattuale della medesima; condannare la convenuta al pagamento della somma di Euro 440,00, di cui Euro 70,00 per inadempimento contrattuale ed Euro 370,00 quale danno esistenziale, con rivalutazione ed interessi.

Spese vinte, da distrarsi.

La parte attrice era titolare di abbonamento alla rete telefonica mobile gestita dalla convenuta.

Il 2 Febbraio 2012, la rete era assente, e ciò fino all’8 Febbraio successivo: il servizio, poi, funzionava irregolarmente sino al 14 Febbraio 2012.

L’utente segnalava il disservizio, ma il gestore non ripristinava la linea telefonica, interrotta senza preavviso, non garantiva neppure i servizi essenziali e non forniva spiegazioni.

Lo stesso utente doveva recarsi in “luoghi limitrofi in cui era presente la linea (…) per poter verificare (in ritardo!) se avesse ricevuto chiamate, effettuare chiamate e/o navigare in internet, inviare e ricevere sms”.

L’AGCOM aveva fissato, mediante delibera 73/11/CONS, in almeno Euro 7,50 (al giorno, deve aggiungersi) l’indennizzo dovuto in ipotesi di cessazione o sospensione del servizio: nel caso di specie, erano dovute la somma minima di Euro 10,00 al giorno, per l’interruzione del servizio, ed il danno esistenziale.

 

Resisteva la WI. S.p.A.

La parte attrice non aveva provato l’intestazione della carta telefonica.

L’oggetto della domanda di conciliazione innanzi al CORECOM della Campania doveva coincidere con quello della domanda giudiziale: nell’ipotesi contraria, quest’ultima era inammissibile od improcedibile.

Nel periodo indicato, maltempo e neve eccezionali avevano colpito gran parte dell’Italia, provocando l’interruzione della fornitura di energia elettrica al “sito che serve la zona di Benevento e comuni limitrofi”, e l’impossibilità di accedervi, per compiere le necessarie riparazioni.

Nel periodo dal 6 al 12 Febbraio 2012, in realtà, il servizio della rete mobile era rimasto “sensibilmente” menomato.

La convenuta andava esente da responsabilità in ragione della causa di forza maggiore (arti 1218 e 1256 c.c.): causa che consentiva, del resto, ai sensi delle condizioni generali di contratto, la sospensione, anche senza preavviso, del servizio.

L’utenza della parte attrice, nel periodo in esame, aveva, peraltro, “generato traffico telefonico”.

L’utente, prima di tentare la procedura di conciliazione, non aveva segnalato il malfunzionamento al gestore del servizio telefonico.

Le compagnie telefoniche non garantiscono la copertura del servizio nell’intero territorio nazionale.

La Carta Servizi della WI. prevedeva un indennizzo, per i disservizi, sino a 5,16 Euro al giorno, con un massimo di 100,00 Euro.

Il danno era dedotto genericamente e non era provato.

Doveva essere chiamata in causa la EN. S.P.A., che, all’epoca, forniva l’energia elettrica all’impianto, e che andava ritenuta unica responsabile, ove la domanda fosse stata accolta: la convenuta chiedeva autorizzarsi la chiamata in causa e differirsi la prima udienza.

Ottenuta l’autorizzazione, la WI. S.p.A. citava la EN. S.p.A.

3. Si costituiva la EN. S.P.A., la quale eccepiva la competenza territoriale del Foro di Brescia e chiedeva il rigetto della domanda proposta dalla WI. S.p.A.

4. Il Giudice, mediante sentenza n. 168/2014, separava la causa di garanzia contro la EN. S.P.A., dichiarando la competenza del Giudice di pace di Brescia; accoglieva la domanda dello ST. (per errore materiale, poi corretto, individuato non come “Giuliano”, bensì come “Ma.”): l’indennizzo veniva liquidato in Euro 70,00 ed il danno non patrimoniale in Euro 250,00.

La convenuta veniva condannata alle spese di lite, tanto in favore della parte attrice, quanto della terza chiamata.

5.Si appellava la WI. S.p.A. (nella comparsa conclusionale, ma non nella memoria di replica, si legge, senza alcuna spiegazione: “WI. S.p.A. (…) già Wi. Spa”, come se la denominazione della società fosse stata modificata).

Essa, in primo luogo, dichiarava di rinunziare alla domanda già proposta contro la EN. S.p.A.

Contestava, poi, le ragioni della decisione, chiedendone la riforma: domandava, altresì, che la controparte fosse condannata a restituire le somme ricevute per effetto dell’esecuzione delle statuizioni contenute nella sentenza impugnata.

Spese del doppio grado vinte.

6. La EN. S.p.A. rimaneva contumace e tale dev’essere dichiarata.

7. L’originaria parte attrice resisteva.

 

Diritto – Motivi della decisione

1. La questione della mancata coincidenza tra domanda in sede di conciliazione e domanda giudiziale è stata dedotta, nel primo grado, dall’appellante, senza essere reiterata specificamente nel secondo.

2, La carenza della titolarità dell’utenza telefonica veniva eccepita nel primo grado, e la questione veniva specificamente riproposta nel secondo.

Si tratta di tesi infondata.

Deve osservarsi, infatti, come sia anomalo che il gestore telefonico deduca che la controparte, assuntasi utente del servizio offerto dal gestore medesimo, avrebbe dovuto provare tale qualità: il gestore, invece, disponendo dei dati inerenti alla propria clientela, avrebbe dovuto negare specificamente in giudizio che la controparte fosse compresa nel novero dei propri utenti, senza limitarsi ad eccepire la mancata prova di una circostanza da esso agevolmente accertabile nell’ambito della propria ordinaria attività.

Si aggiunga, quale comportamento concludente, che, nel verbale dell’udienza di conciliazione (nella fase amministrativa, prodromica alla causa), la rappresentante del gestore telefonico nulla risulta aver contestato all’utente, intorno all’esistenza della qualità, appunto, di utente.

Nell’atto di citazione in appello, del resto, l’appellante parla esplicitamente di “contratto di somministrazione posto in essere tra le parti in causa” (pag. 9).

3.a La delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 73/11/CONS, all’art. 1, comma 1, contempla l’adozione del “regolamento in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti ed operatori”: regolamento allegato alla medesima delibera, sotto la lettera “A”.

L’art. 5 del menzionato regolamento, rubricato “Indennizzo per malfunzionamento del servizio”, dispone quanto segue:

  1. In caso di completa interruzione del servizio per motivi tecnici, imputabili all’operatore, sarà dovuto un indennizzo, per ciascun servizio non accessorio, pari ad Euro 5,00 per ogni giorno d’interruzione.
  2. Nel caso di irregolare o discontinua erogazione del servizio che non comporti la completa interruzione del servizio, o di mancato rispetto degli standard qualitativi stabiliti nella carta dei servizi di ciascun operatore, gli operatori sono tenuti a corrispondere un indennizzo per ciascun servizio non accessorio pari ad Euro 2,50 per ogni giorno di malfunzionamento.
  3. Se il malfunzionamento è dovuto al ritardo, imputabile all’operatore, nella riparazione del guasto, l’indennizzo è applicabile all’intero periodo intercorrente tra la proposizione del reclamo e l’effettivo ripristino della funzionalità del servizio.
  4. Nei casi previsti dai commi precedenti se il malfunzionamento riguarda solo i servizi accessori, ai fini del calcolo dell’indennizzo, si applicherà l’articolo 3, comma 4 del presente regolamento.

Nel caso di specie, la vicenda sarebbe compresa nell’ambito di applicazione del comma 1, per il lasso di tempo di completa assenza del servizio, ed in quello del comma 2, per il rimanente periodo.

Poiché, poi, nel caso in esame specie viene ascritto (così pure il Giudice di pace, nella sentenza) al gestore di non aver provveduto a riparare tempestivamente il guasto, il periodo di durata del diritto all’indennizzo è regolato dal comma 3: dalla proposizione del reclamo all’avvenuto ripristino dell’erogazione del servizio.

3.b L’attuale parte appellata, tuttavia, non presentava alcun reclamo al gestore telefonico: la circostanza è stata dedotta, in primo grado, dalla WI. S.P.A., e non è stata specificamente contestata: ma avrebbe potuto essere rilevata anche d’ufficio dal Giudice, in quanto il dettato della disciplina del caso prevede la proposizione di un reclamo al gestore quale presupposto dell’ottenimento dell’indennizzo: circostanza che appare ovvia, dovendo il medesimo gestore valutare se il singolo utente abbia subito ed in quale misura un disservizio, per poter intervenire a rimuoverne le cause.

Ne discende che l’utente deve dedurre non soltanto di aver subito il disservizio, bensì pure di averlo segnalato al gestore.

3 .c. 1 La precedente considerazione apparirebbe già sufficiente al rigetto della domanda, proposta in prime cure, almeno quanto all’indennizzo.

Può aggiungersi, tuttavia, ancor più nel merito della vicenda dell’inadempimento, che l’inadempimento medesimo, nella specie, appare inimputabile.

Ciò si riflette non solo sulla fondatezza della domanda di indennizzo, bensì pure su quella della domanda di risarcimento del danno.

L’indennizzo, peraltro, in quanto dovuto a prescindere dalla prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno, non dovrebbe cumularsi con quest’ultimo, ma assorbirlo, come accade nell’ipotesi della clausola penale (art. 1382 c.c.).

Trattasi, tuttavia, di disposizione non negoziale, sicché non sembra che all’utente resti precluso di domandare il risarcimento del danno: e, anzi, anche di cumulare i due rimedi, come previsto dalla c.d. Carta dei servizi dell’azienda telefonica.

3.c.2 Gli artt. 1218 e 1256 c.c. escludono la responsabilità del debitore, per non aver adempiuto all’obbligazione, allorquando ciò sia stato cagionato da causa non imputabile allo stesso debitore.

L’art. 5, commi 1 e 3, del regolamento in esame, come si può leggere nel testo dianzi trascritto, e conformemente all’appena ricordata regola generale, specifica, del resto, che il disservizio, perché si generi il diritto all’indennizzo, dev’essere dipeso da motivi imputabili al gestore.

La gravità delle condizioni meteorologiche, che colpirono, attraverso abbondanti nevicate e la duratura permanenza della copertura nevosa, l’Italia in generale, e l’area in questione, in particolare, nel periodo in esame, oltre ad essere incontroversa e notoria, è dimostrata dalle notizie di stampa (si vedano, ad esempio, le immagini fotografiche delle prime pagine di quotidiani, inserite nella alla relazione sul disservizio nel beneventano, depositata dall’appellante nel grado antecedente del giudizio), e ribadita dalla testimonianza dell’ingegnere, consulente esterno della società telefonica, escusso nel presente grado, oltre che dalla documentazione da questa stessa società depositata, non contestata in maniera specifica nella conformità, e che riporta l’andamento del disservizio, ed i riferimenti (anche attraverso la corrispondenza tramite posta elettronica, risalente ai giorni stessi del disservizio e relativa agli interventi attuati o tentati), man mano nel tempo, alle gravissime avverse condizioni meteorologiche, all’avvenuta interruzione dell’alimentazione dell’energia elettrica, da parte del fornitore dell’elettricità, ed agli interventi intrapresi: peraltro, in area montana e, quindi, in condizioni ancora peggiori e con una viabilità talora non percorribile.

Se ne ricava: che la WI. S.p.A. disponeva di un sistema a batteria, che permetteva, in caso di brevi interruzioni della fornitura dell’energia elettrica, la persistente alimentazione del proprio impianto; che la somministrazione dell’elettricità, da parte del fornitore della medesima, tuttavia, si interruppe per un tempo protratto; che i tentativi di sopperire con gruppo elettrogeno vennero tentati, ma erano fortemente ostacolati dalla neve, che impediva l’accesso ed i lavori.

Si aggiunga che, comunque, secondo la stessa prospettazione della parte attrice, nel periodo considerato il servizio non è mai mancato completamente, eccetto che per un solo giorno: a verosimile riprova dell’avvenuta esecuzione degli interventi di riparazione, pur non sempre del tutto risolutivi.

La condotta del gestore telefonico, insomma, rispondeva ai canoni di legge, quali enunziati dal codice civile e ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., Sez. III, 10.6.2016, sent. n. 11914: “In relazione ai rapporti contrattuali concernenti le utenze telefoniche, i doveri di diligenza e buona fede nell’esecuzione del contratto impongono all’impresa esercente servizi di telefonia di comunicare tempestivamente al proprio cliente l’impossibilità di eseguire la prestazione e di adottare gli opportuni provvedimenti al fine del contenimento dei danni”: nella specie, una previa comunicazione del disservizio non poteva essere pretesa, per la natura imprevedibile del fenomeno atmosferico, mentre l’adozione delle iniziative necessarie è, come detto, comprovata).

4. L’appellante ha domandato che la controparte fosse condannata a restituire le somme versate, dalla medesima appellante, in ottemperanza della sentenza di primo grado: la domanda dev’essere accolta, benché non siano stati documentati l’ammontare e la data del pagamento: la parte appellata non contesta la circostanza.

Nell’eventuale fase esecutiva si calcolerà la somma precisa, in caso di controversia, anche attraverso l’intervento del Giudice, mediante i rimedi di legge.

5. Le spese del doppio grado possono essere compensate, nel rapporto tra l’appellante e D’A.Am., sia per la difficoltà dell’accertamento dei fatti, sia perché il disservizio, in sé e per sé, si era verificato (con le connesse difficoltà, per l’utente, di comprendere l’esatta entità e congruità degli interventi compiuti dal gestore), sia, infine, alla luce dei contrasti nella giurisprudenza di merito, palesati dai testi delle sentenze, depositati dalle parti: né risultano emesse decisioni di legittimità, sulla specifica vicenda.

Quanto al rapporto fra l’appellante e la EN. S.P.A., la prima ha dichiarato di rinunziare ad ogni domanda, e la seconda è rimasta contumace: non deve, pertanto, essere emessa alcuna pronunzia.

 

P.Q.M.

IL TRIBUNALE

definitivamente pronunziando nella causa iscritta al n. 792/2015 R.G.A.C., promossa da WI. S.P.A., in persona del procuratore Avv. Vincenzo FOLINO, contro D’A.Am. e contro la EN. S.P.A., in persona del l. r.p.t., ogni diversa domanda, eccezione, richiesta disattesa, così decide:

  1. dichiara contumace la EN. S.P.A.;
  2. accoglie l’appello e, in riforma della decisione adottata dal Giudice di pace di Airola, mediante la sentenza n. 168/2014, rigetta la domanda proposta, in primo grado, da D’A.Am.;
  3. condanna D’A.Am. a restituire alla WI. S.p.A. le somme da questa pagate in esecuzione della sentenza di primo grado, con gli interessi legali dalla data del pagamento all’avvenuta restituzione;
  4. compensa tra le parti le spese di lite del doppio grado, nel rapporto tra l’appellante e D’A.Am.;
  5. dichiara non doversi provvedere sulle spese di lite, nel rapporto tra l’appellante e la EN. S.p.A.

 

Così deciso in Benevento il 19 maggio 2020. Depositata in Cancelleria il 27 maggio 2020.

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