La cassazione interviene sul principio di “non contestazione”

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Con l’ordinanza n. 31837 del 4 novembre 2021, la Cassazione ha formulato il seguente principio di diritto: “Il convenuto, ai sensi dell’art. 167, primo comma, cod. proc. civ., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di non contestazione a seguito della modifica dell’art. 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti costitutivi del diritto fatto valere specificamente indicati dall’attore a fondamento della propria domanda. La conseguenza è che tali fatti debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di risposta, si sia limitata, con clausola di mero stile, a contestare «espressamente ed in ogni suo punto il contenuto dell’atto di citazione», senza esprimere alcuna chiara e specifica contestazione relativa a tali fatti costitutivi e senza che, allo scopo, rilevi la, diversa, contestazione relativa al valore probatorio dei documenti dall’attore allegati alla citazione”.

Il principio di non contestazione, formalmente sancito dal 1° comma dell’art. 115 c.p.c. (entrato in vigore il 04/07/2009), era tuttavia già presente nella disciplina legale del processo, essendo esso “diritto vivente” (interpretazione di norma di legge da parte di costante giurisprudenza di legittimità) derivato dall’interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità (il riferimento è a Cass. S.U., n. 761/2002) all’art. 167 co. 1° c.p.c. (vigente dal 30/04/1995) ed al successivo art. 416 co. 3° c.p.c. (relativo al contenuto della memoria di costituzione del convenuto nelle controversie in materia di lavoro). In particolare, il 1° comma dell’art. 167 c.p.c., nell’imporre al convenuto (“deve”) di prendere posizione nella comparsa di risposta “sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda”, da intendere come fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio dall’attore (c.d. “fatti primari”), rende la non contestazione di un fatto costitutivo «un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, proprio per la ragione che l’atteggiamento difensivo delle parti, valutato alla stregua dell’esposta regola di condotta processuale, espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti»; rappresentando la mancata contestazione di un fatto costitutivo del diritto, «in positivo e di per sè, l’adozione di una linea difensiva incompatibile con la negazione del fatto… e, quindi, rende inutile provarlo, perché non controverso» (così, in motivazione, Cass. S.U., n. 761/2002). Qualora il convenuto non abbia preso posizione, in modo chiaro e analitico, sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, gli stessi debbono ritenersi ammessi senza necessità di prova (così: Cass. n. 19896/2015; Cass. n. 26908/2020).

Il principio di non contestazione, con conseguente relevatio dell’avversario dall’onere della prova, postula ovviamente che quest’ultimo abbia ottemperato all’onere di indicare specificamente i fatti costitutivi del diritto di cui chiede tutela in sede giudiziale; con la conseguenza che la mancata allegazione specifica dei fatti costitutivi, modificativi o estintivi –rispetto ai quali opera il principio di non contestazione (cfr. Cass., n. 17966/2016; Cass. n. 21460/2019)– esonera il convenuto, che abbia genericamente negato il fatto altrettanto genericamente allegato, dall’onere di compiere una contestazione circostanziata (in questo senso, cfr. Cass. n. 26908/2020).

Riferimenti normativi:

  • art. 163, comma 3, n. 4), c.p.c. (“Contenuto della citazione”): “…l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda…”;
  • art. 167, comma 1, c.p.c. (“Comparsa di risposta”): “Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda …”;
  • art. 2697 c.c. (“Onere della prova”): “1. Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. 2. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda;
  • art. 115, comma 1, c.p.c. (“Disponibilità delle prove”): “Salvo i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita.

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